Luci e ombre, a nostro avviso, nella messa in scena di “Trilogia degli occhiali”, per il testo e la regia di Emma Dante al Teatro Cuminetti di Trento del 12 febbraio 2013, spettacolo inserito nella stagione di prosa 2012/2013, e replicato nello stesso teatro il 13 febbraio 2013 e al Camploy di Verona il 15 febbraio 2013.
Diviso in tre momenti distinti con un filo conduttore che li lega: la fragilità umana, vista attraverso la povertà, nel primo pezzo intitolato “Acquasanta”, la malattia nel secondo “Il castello della Zisa” e la vecchiaia in “Ballarini”,ciò che accomuna gli spettacoli sono gli occhiali indossati dai protagonisti, metafora della difficoltà di vedere il mondo.
Se i punti di forza si possono rintracciare nelle belle scenografie essenziali ed originali di Emma Dante e Carmine Maringola, sottolineate dal gioco di luci di Cristina Fresia e da alcune atmosfere coinvolgenti, rimane poco presente il teatro d’attore , tanto nella mescolanza dei generi ,di gradevole impatto ma, a nostro avviso, superficialmente affrontati , che nelle singole interpretazioni.
Nonostante l’apparente leggerezza delle tre piece, la regista riesce a comunicare allo spettatore un senso di disagio epidermico, per l’accostamento stridente tra il gioco scenico e scenografico e la fisicità prepotente e primordiale dei protagonisti, che si esprimono con dettagli di cattivo gusto e con allusioni sessuali marcate , anche se l’accostamento d’impatto gioca più ad effetto.
Gli oggetti pendono dall’alto, a sottolineare il senso di precarietà che attraversa tutte e tre le messe in scene: in” Acquasanta” oggetti in miniatura sospesi con fili sopra la prua della nave, presenti e in relazione dinamica tra loro come i ricordi, in “Il castello della Zisa” piccole crocifissioni in legno pendenti dall’alto, in “Ballarini” la presenza di lucine che si accendono o si spengono, in sintonia con la memoria ravvivata dalla protagonista.
In “Acquasanta” il protagonista, interpretato da Carmine Maringola, ancorato al palcoscenico e intrappolato da funi che gli impediscono di abbandonare la propria postazione ,la prua di una nave, (bellissima immagine scenografica, ma che non prevede sviluppi) ricorda la propria vita marinara e i dialoghi con il capitano e il comandante.
Il monologo, con frequenti intercalari siciliani, diventa una dichiarazione d’amore al mare e rivela un disagio nei confronti della terraferma che diventa nella sua mente un’illusione.
A nostro parere però il contenuto della piece non riesce a coinvolgere il pubblico se non a brevi tratti ,( intensa l’interpretazione delle due canzoni napoletane) né convince il movimento attoriale, sì frequente e sciolto sull’onda di sollecitazioni musicali , ma più coreografico e di contorno che di necessità scenica.
In “ Il castello della Zisa” le premesse sembrano buone.
In una scenografia interessante e densa di significato, la mescolanza dei generi tra la clownerie e il teatro danza introducono il tema della malattia con leggerezza, così come leggere e divertenti sono le due suore indaffarate, Leonarda Saffi e Elena Borgogni, intorno al malato Davide Celona, che sembra inizialmente non reagire ai loro solleciti tentativi di animarlo, per poi improvvisamente svegliarsi.
Evidente il contrasto voluto tra realtà e finzione :la fisicità del malato risvegliato, con le sue esigenze primarie sessuali e le sue ossessioni cozza con la poesia giocosa della scena.
Ma anche in questa piece, aldilà della divertente atmosfera, ci sembra manchi un reale approfondimento nei contenuti e il tutto si risolve in immagine caricaturale senza sviluppo.
Il più complessivamente riuscito ci pare il terzo “Ballarini”, interpretato dai due attori/ballerini Manuela Lo Sicco e Sabino Civilleri, coinvolgente per la nostalgica atmosfera in cui facilmente ci si immerge sulle note delle più significative e belle canzoni italiane a ritroso nel tempo.
Una donna anziana ricorda la propria vita e materializza il suo amore.
La coppia di anziani stretti l’uno all’altro rievocano i momenti salienti della propria vita e tornati giovani li danzano con i ritmi più sfrenati, fino a che il palcoscenico si spegne lasciando la donna sola con i propri ricordi.
Bravi i ballerini/attori e fresca la coreografia, con gradevoli e realistiche citazioni di vita siciliana.
“Trilogia degli occhiali” è una co-produzione della Compagnia Sud Costa Occidentale, del Teatro Stabile di Napoli e del CRT Centro di Ricerca per il Teatro, con il sostegno di Theatre du Rond Point-Paris.
Per “Acquasanta” Emma Dante ha ricevuto il Premio per la regia nell’ambito del Festival Adriatico Mediterraneo di Ancona.
Emanuela Dal Pozzo