Con l’approssimarsi del 21 marzo, primo giorno di primavera e per questo scelto per celebrare in tutta Italia la “giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie”, il Teatro Laboratorio di Verona ha ospitato nella propria sede all’Arsenale, nella serata del 15 marzo 2013, l’Associazione Libera di Verona, il cui presidente ha brevemente introdotto lo spettacolo previsto “La spremuta”, con informazioni sull’associazione e sulla giornata della memoria del 21 marzo.
Il 21 marzo infatti, in tutte le città italiane, saranno letti tutti i nomi noti di vittime di mafia, circa 900 da fine ‘800 ad oggi.
Libera si costituisce il 25 marzo 1995 con l’intento di sollecitare la società civile nel contrasto alle mafie e nella promozione della legalità democratica e della giustizia. Attualmente a Libera aderiscono oltre 1600 tra associazioni nazionali e locali, cooperative sociali, gruppi e realtà di base e circa 4500 scuole attive nei percorsi di educazione alla legalità democratica. I suoi principali impegni riguardano: la legge sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, l’educazione alla legalità, l’impegno contro la corruzione, il sostegno alle vittime delle mafie, i campi di studio e volontariato antimafia, le attività antiacket e antiusura. E’ riconosciuta come associazione di promozione sociale dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e come associazione con Special Consultative Status dal Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (Ecosoc). Inserita dall’Eurispes tra le cento eccellenze italiane nel 2008, premiata nel 2009 dal Cese (Comitato Economico e Sociale Europeo) quale esperienza di società civile organizzata, nel 2012, unica ONG italiana, è stata segnalata tra le 100 migliori al mondo dalla rivista “The Global Journal”.
A parte la pregnanza dello spettacolo “La spremuta” sia sotto il profilo attoriale che di contenuto,di cui diamo resoconto, ci sembra utile ancora una volta segnalare come la presenza di Libera, con i propri importanti contenuti, vada a qualificare uno spazio ( quello del Teatro Laboratorio) quale punto nodale culturale della città, laddove la cultura è concreto appuntamento di riflessione, anche impegno per una trasformazione sociale. Inutile ribadire che questo compito dovrebbe essere assolto istituzionalmente. Almeno a Verona ( ma non crediamo solo a Verona purtroppo) non sembra che il calendario delle priorità sia quello di offrire ai cittadini spunti di riflessioni e spesso ci pare che la cultura proposta sia quella “patinata” ed edulcorata, al riparo da qualsiasi possibilità di confronto che innesti desiderio di cambiamento.
LA SPREMUTA. RECENSIONE
Mentre voci fuori campo commentano i fatti avvenuti a Rosarno il 7 gennaio 2010, l’ unico attore in scena spreme delle arance. Così comincia lo spettacolo “La spremuta”, in scena il 15 marzo 2013 all’Arsenale, nella sede del Teatro Laboratorio di Verona, di e con Beppe Casales , nel quale le arance rappresentano il lavoro dei migranti di Rosarno e la spremuta simboleggia lo sfruttamento del loro lavoro e delle loro energie.
Casales è una piacevole sorpresa attoriale per quanti già non lo conoscono, sanguigna e passionale come raramente in Italia si vede, capace di coinvolgere il pubblico nel ribaltamento di tesi fondate su testimonianze distorte e sul dilagare ingiustificato e vergognoso di pregiudizi.
Lo spettacolo ha da subito il sapore della denuncia/testimonianza e ribalta in modo documentato e circostanziato le reali motivazioni che hanno portato i migranti di Rosarno alla rivolta.
Casales lo fa raccontando la storia di due coetanei, lì in quei giorni a Rosarno.
Racconta il difficile e tormentato viaggio verso l’Europa di Daniel Allen, nigeriano, fino all’arrivo a Rosarno all’epoca dei fatti e i maltrattamenti, le umiliazioni, la riduzione in schiavitù che condivide con gli altri migranti , e la crescita di Antonio Bellocco, un figlio della ‘Ndreangheta, da sempre abituato ad usare le maniere forti per piegare gli altri al suo volere.
Sono due vite parallele, a confronto, già in anticipo segnate dal destino, che solo alla fine quasi casualmente incontrandosi, entrano in collisione, senza modificare, pare, il corso “naturale” delle cose, che stabilisce già in anticipo chi è il buono e chi il cattivo.
Emerge subito, dalle registrazioni televisive del tempo, dai commenti della gente e dalle interviste dei politici chi ha ragione e chi torto, nelle due famose giornate di rivolta del gennaio 2010 a Rosarno, nelle quali i migranti hanno preso spranghe e bastoni iniziando una rivoluzione civile. Nessuno dice e forse la popolazione non sa (o finge di non vedere) le condizioni disumane di vita in cui si trovano i manifestanti, arrivate al culmine con l’ennesimo omicidio gratuito, che quasi ogni anno avviene negli aranceti, durante la raccolta, insieme alle numerose gambizzazioni.
Alla fine i migranti verranno mandati in altre zone, per non turbare l’ordine pubblico.
Chiedo a Casales di dove sia originario, finito lo spettacolo.
A parte la pregnanza dei contenuti che di per sé non possono lasciare indifferenti nella descrizione delle torture cui vengono sottoposte donne in cinta nelle prigioni libiche, piuttosto che famiglie intere sequestrate e stipate nei container per giorni a temperature impossibili, scontando l’unica colpa di avere creduto in un futuro migliore, sono colpita dalla sua capacità interpretativa. Mi dice con mio stupore che è padovano. Mentre penso che la sua carica mi ricorda il teatro sudamericano penso anche che siamo entrambi fortunati: siamo nati dalla parte “giusta”…. O no?
Lo spettacolo “La spremuta” ha debuttato il 29 marzo 2011 al Teatro a l’Avogaria di Venezia e ora conta più di 60 repliche in tutto il territorio nazionale. E’ patrocinato da Libera e da rete RADICI/ Rosarno e fa parte di Teatrocivilenetwork
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Emanuela Dal Pozzo