Maria è una delle tante giovani prostitute che intrattengono i clienti nei bar notturni di Ginevra. Di origine brasiliana, fa gli stessi sogni di tutte le adolescenti del mondo alle loro prime esperienze sentimentali. Un’altra cosa accomuna Maria ad esse: scrive un diario, un silenzioso ricettacolo che l’accompagnerà lungo il cammino della prostituzione. “Undici minuti” di Paulo Coelho, già famoso per innumerevoli “doni editoriali”, è un libro del 2003 ma rimane ancora attuale proprio per la tematica affrontata. “C’era una volta una prostituta di nome Maria(…). Visto che in ogni istante della nostra vita abbiamo un piede nella favola e l’altro nell’abisso, manterrò questo incipit”. L’autore inizia la storia come una favola, quasi a voler dare la speranza di un lieto fine a tutte coloro che si ritrovano nell’abisso della prostituzione giovanile. Il linguaggio scelto risulta estremamente accattivante: lucido e dettagliato, un po’ forte nelle parti descrittive, diviene dolce e delicato tra le pagine del diario dove affida alle parole il difficile compito di tradurre le emozioni; sono messaggi dell’animo che interagisce con l’esterno. Con la delicatezza di uno stile semplice e chiaro, Coelho riferisce i pensieri di Maria, le sue paure e le sue riflessioni, creando un patto narrativo in cui il lettore entra in un processo di coinvolgimento. “Undici minuti” nasce dal desiderio di trattare un argomento delicato, ma anche scabroso e scioccante, per riscoprire il significato sacro del sesso. Per fare ciò egli si avvale anche di riferimenti filosofici. Attingendo da Platone individua il sesso in quell’abbraccio in cui due parti di uno stesso corpo, diviso un tempo dagli dei, si fondono nuovamente insieme, dopo un lungo e difficile periodo di ricerca l’una dell’altra. Troverà Maria il suo principe azzurro, come in ogni favola che si rispetti? Vale la pena di leggere il libro anche solo per scoprire se “vissero felici e contenti …”.
Daniela Marani