Ha qualcosa di singolare la mostra inaugurata sabato 13 aprile 2013 alla Galleria Incorniciarte a San Massimo a Verona.
Già il titolo dell’evento “DI GABBIE, SANTI, E SALTIMBANCHI” ci introduce nel mondo particolare di Roberto Ciroli che, pur avendo dedicato parte dei suoi studi alla scenografia, è da sempre affascinato dalla scultura alla quale però ha voluto dare un volto completamente diverso.
Alla statica linearità delle forme e alla presenza massiccia dell’opera accolta dall’ambiente circostante, l’artista bresciano sostituisce movimenti ondeggianti, equilibri instabili e basculanti. Lo spazio diventa il vuoto, l’elemento scenico all’interno del quale fluttuano i suoi personaggi, simili ad ominidi primordiali, caratterizzati da ventre rigonfio e sorretti da esili arti a bastoncino.
Sono corpi creati con ruvida cartapesta, talvolta cotta altre volte lasciata seccare per permettere ai fili di nylon di regolare il loro andamento incerto, che li sottrae alla rigida fermezza tipica dell’arte scultorea.
Una parte dell’esposizione è dedicata alla reinterpretazione di scene bibliche, che rivivono sotto nuova luce trasfigurate dalla chiave di lettura ironica di Ciroli. Altre si ispirano a momenti storici ben definiti come il ‘400 incarnato in un Uomo Vitruviano del tutto insolito, e l’800 dagli enormi dirigibili alle mongolfiere che diventano qui singole, biposto, triposto a seconda delle esigenze e del divertimento.
Una sezione è dedicata alla gabbia intesa come prigione, imposizione o protezione dall’esterno, a seconda della situazione raffigurata. Accanto a queste, prendono vita alcuni interpreti del mondo dell’esibizione: funamboli su monocicli, trampolieri traballanti alla ricerca di una impossibile stabilità, anche aiutandosi appoggiati al muro della galleria!
All’allestimento d’insieme, sicuramente di grande effetto, vanno aggiunte le didascalie associate a ciascuna opera; sembrano frasi uscite dalla bocca dei diversi “omini” affaticati nel vano tentativo di trovare l’equilibrio perduto; pensieri ironici che contribuiscono a sdrammatizzare le scene più tragiche dando ai protagonisti un filo di speranza: quello di nylon dal quale sono sorretti.
Daniela Marani