A Trieste si sono festeggiati quest’anno i 110 anni dal debutto di “Tosca” sul palcoscenico del Teatro “G. Verdi” con la diciannovesima rappresentazione del capolavoro Pucciniano.
Per questa occasione si è fatta una scelta registica, certo non innovativa, ma certamente interessante sotto molti profili ed in particolare quello teatrale. Curata dal regista Giulio Ciabatti con il contributo del disegno luci di Claudio Schmid e i costumi di Anna Biagiotti l’ambientazione dell’opera riproduce la messa in scena ideata dal regista Mauro Bolognini e realizzata in passato da Ettore Rondelli che data 1998 e che a sua volta riprendeva l’allestimento storico ideato da Adolf Hohenstein per la prima rappresentazione di Tosca che debuttò il 14 gennaio 1900 al Teatro Costanzi di Roma. Il regista lavora assai bene con il testo, estrapolandone in particolare gli aspetti teatrali ed isolandoli rispetto alla scatola scenografica, relegata a semplice e raffinato contenitore. Pur senza particolari invenzioni drammatiche il lavoro di Ciabatti si coglie nella cura del particolare anche minimo (il tovagliolo lasciato cadere da Scarpia nel II Atto) che però concorre a creare un gioco teatrale semplice ed efficace, così come nel lavoro con gli artisti che risulta convincente e funzionale.La recita a cui ho assistito (sabato 11 maggio) portava un cast diverso da quello della ‘prima’ ma non per questo era di minor interesse.
Alisa Zinovjeva , al suo debutto in questo ruolo, convinceva in realtà sono in parte.
Dotata di una singolare vocalità, molto teatrale ed espressiva (molto rotonde e ben timbrate le note gravi) la giovane artista non mostrava però di essere ancora perfettamente padrona del ruolo , che certo non mancherà di approfondire con l’esperienza. La sua interpretazione del personaggio infatti non è sembrata così mai ‘decollare’ veramente, trattenuta a terra da troppe imprecisioni musicali e da una caratterizzazione del ruolo troppo epidermica e convenzionale.
Mario Malagnini, esperto nel ruolo di Cavaradossi, ben lo delineava scenicamente esibendo un timbro sicuro ed una consumata professionalità pur se nell’acuto spesso il suono si schiacciava e perdeva la consueta rotondità.
Teatrale e sofisticato si presentava lo Scarpia delineato da Alberto Mastromarino che, attento alla parola ed alla frase in ogni momento, sapeva servirsi del suo importante ‘strumento’ sfogandolo, quando la scena lo richiedeva, fin quasi ad annullarlo in pianissimi e parlati (sempre sulla musica) teatralissimi e di straordinaria forza drammatica. Uno Scarpia il suo dunque di tutto rispetto, molto approfondito e moderno , in bilico tra il “vilain” ed il viscido ma raffinato uomo di potere, infido nella sua spietatezza.
Abbastanza a posto il resto del cast : Gabriele Sagona (Angelotti), Paolo Rumetz (Sagrestano), Nicola Pamio (Spoletta), Christian Starinieri (Sciarrone), Giuliano Pelizon (Carceriere) ed Emma Orsini/Erica Benedetti (Pastorello).
Sostanzialmente bene il Coro della Fondazione Teatro Lirico “G.Verdi” di Trieste diretto dal M° Paolo Vero.
Il M° Donato Renzetti alla guida dell’ Orchestra del Teatro Verdi dava una lettura compatta e serrata della partitura anche se molto spesso la fusione tra palco e buca andava perduta.
Teatro gremito in ogni ordine di posti e applausi per tutti gli interpreti ed il Direttore.
Trieste,11/05/2013
SILVIA CAMPANA