I teatri chiudono, si sa. E non è colpa solo della crisi. La maggior parte della gente se ne è disaffezionata e il teatro dei teatri, non necessariamente colto ma per un pubblico ben pagante, rimane elitario, così come è sempre stato.
Ma una volta, a differenza di oggi, almeno il teatro di figura e particolarmente quello dei burattini e delle marionette era patrimonio del popolo, vivo nelle strade e nelle piazze, motivo di divertimento e di dibattito, occasione irrinunciabile per vedere sbeffeggiati i potenti in una rivalsa istintiva.
Oggi quel teatro di strada e di piazza sta scomparendo.
Non scompaiono gli artisti attori impegnati sul fronte civile, capaci di parlare con il linguaggio di tutti e per tutti delle problematiche che ci attraversano, o di denunciare le trame oscure della nostra realtà fatta di fatti e nomi tutt’altro che fantasiosi, con linguaggi espressivamente raffinati eppur semplici, come testimonia quel vivo filone di teatro etico e sociale di cui anche qui recensiamo, ma spesso manca il pubblico,aldilà della stretta cerchia degli affezionati che ogni realtà teatrale residenziale, per quanto piccola,conta, spesso frutto del passaparola e dell’attento e continuativo lavoro svolto nel territorio.
In realtà tra le tante cause storiche e le “ dietrologie” possibili di tale disaffezione, che rimandano alla scarsezza culturale complessiva, alla concorrenza televisiva, ad una qualità di vita sempre più legata alla mera sopravvivenza, ai ritmi schizofrenici individuali e collettivi, alla superficialità dilagante, non ultimi gli esempi nelle parole e nei fatti di chi da molto tempo ormai ci malgoverna e che insistentemente ci sottolinea come valore il “carpe diem” ( che tradotto significa “arraffa più che puoi finchè puoi” perchè la pacchia non dura a lungo), tra tutte queste cause e molte altre che ciascuno di noi potrebbe aggiungere solo riflettendo un attimo, ce n’è una da non sottovalutare: l’incapacità di ascolto.
Viviamo in un perenne inquinamento acustico mentale fatto da un lato di promozioni pubblicitarie, mirabolanti sogni irrealizzabili, effimeri slogan scanditi con il gusto di stupire per potersi fare largo con più facilità, tutte labili scie incapaci di incidere e destinate a far parte di quel ciclo d’immondizia mentale che lascia sì il tempo che trova ma che ci inquina e riempie sensi e mente, ipnotizzandoci, e, dall’altro lato della più banale ovvia, scontata quotidianità, a pillole nelle telenovele, nelle operazioni culturali commerciali, nelle notizie dei telegiornali,nelle trasmissioni riempitivo tv, nei falsi talk show, tutte cose che ci “coinvolgono”, in cui ci identifichiamo, rinunciando una volta per sempre ad elevarci in volo verso lidi più stimolanti.
La nostra mente è piena di questa immondizia disorientante e ormai si muove in un labirintico non senso senza trovare una via d’uscita.
E’ la strada dell’oppio ormai, che porta inevitabilmente ad assuefazione e il risveglio oggi, purtroppo, sta assurgendo ad atto eroico, destinato a pochi, a meno di una improbabile eppur urgentemente necessaria rivoluzione culturale.
Emanuela Dal Pozzo