LUOGO, NON-LUOGO, LOGOS. MOSTRA D’ARTE AD AFFI

Si è inaugurata sabato 6 luglio 2013 alle ore 18 un’ interessante mostra alla Ex Stazione di Affi (Verona), un insolito appuntamento che ha visto un pubblico incuriosito e di appassionati d’arte e di linguaggi espressivi percorrere le stanze della bella villa nella quale erano allestite le opere di diversi artisti di spessore non certamente solo locale.

La mostra, curata da Nadia Melotti ,che si è prodigata nello spiegare il significato delle installazioni accompagnando i visitatori, è stata realizzata dal Comune e dalla Biblioteca Comunale di Affi.

Una spiegazione delle opere esposte era d’obbligo, giacchè le stesse, non sempre di immediata lettura soprattutto per i non avvezzi a questo tipo di linguaggio, rappresentavano le sintesi personali e originali degli artisti sul tema “Luogo, Non-Luogo, Logos”, titolo della mostra, perlopiù realizzata rispettando le caratteristiche della villa, dalle piccole stanze la cui luminosità ha permesso di “giocare” con le trasparenze.

L’ originalità della mostra si deve soprattutto al tema: la riflessione sulla tematica ambientale esplicitata dal titolo che, partendo dal territorio di Affi, si è poi allargata verso orizzonti più vasti. Così gli artisti, interpreti del nostro tempo, sono stati invitati ad interrogarsi su come il centro storico di Affi sia cambiato nel corso degli anni e di come esso sia specchio di un mutato modo di vivere. Né sono mancati approfondimenti ed analisi di come l’eco del tempo passato e della tradizione oggi si intersechino con le nuove architetture, i nuovi linguaggi e i nuovi costumi, abbracciando tematiche di più ampio respiro e trasversali a qualsiasi altro luogo residenziale.

Così Luciana Soriato ha sintetizzato il paese di Affi in tre abiti appesi controluce per raccontare tre diversi “luoghi”realtà coesistenti: il centro storico ricostruito in una sorta di mappa grafica, l‘ipermercato, droga e assuefazione e al contempo immunizzazione antirigetto, con tubicini in plastica che rimandano a cure cliniche, infine la base militare NATO, misteriosa ed impenetrabile, dalle decorazioni tridimensionali che invitano a “non toccare; opere la cui struttura e realizzazione rimandano a percezioni personali, sensazioni, cognizioni, nonché ad inquietanti interrogativi.

Ad occupare un intero lato della stessa stanza campeggia la scritta nera su fondo giallo “Compro oro”, di Sebastiano Zanetti, un” tormentone” di questi ultimi tempi , che incontriamo sempre più frequentemente lungo le vie. La scritta non è interamente visibile e la parola “oro”, in buona parte cancellata, rimanda ad una possibile altra lettura “ odio”, ad indicare che la vendita dell’oro, per necessità, di fedi nuziali e preziosi di famiglia nasconde la cancellazione di affetti, mentre in trasparenza dallo sfondo giallo tridimensionale emergono inquietanti sagome di topi, simboli di corruzione: corruzione di affetti, ma anche allusiva a quella che dilaga in ambienti malavitosi.

All’ingresso del piano superiore troviamo un pannello di cartoline, in apparenza normali, non fosse che la loro disposizione non casuale e il loro retro dipinto, ci inducono a riflettere in un gioco voluto dall’artista artefice Buster Tripp, che le sospende tra storia e commercio, radici di tradizione e fragilità. Le cartoline si possono staccare, spostare, capovolgere. Dello stesso autore all’esterno un’altra mini struttura di cartoline ordinata secondo sequenze, che parlano di Affi e della sua storia, con l’avviso “ non colpire le cartoline”, rimando esplicito alla necessità di tutela dell’ambiente.

Nello stesso ingresso, su cartoncino ondulato, il disegno in bianco e nero di una vecchia locomotiva a tutta parete di Gianfranco Gentile, capace di sollecitare ricordi storici e fantasie ludiche. Dello stesso autore una installazione di gabbiette che imprigionano, appese a fili, alcune cartoline che ritraggono l’Affi storica medioevale. L’artista mi dice che la gabbia ha molteplici letture, sia quella della necessità di preservazione dell’ambiente, sia quella di indicare un potenziale storico imbrigliato in scelte anche architettoniche standardizzate,( in fondo i centri storici antichi si assomigliano tutti e parliamo a lungo di altre città, come la mia, Treviso, sempre più simile ad una bella scenografia senza vita, che ad un luogo d’incontro e di festosa convivialità com’era negli anni della mia adolescenza) sia quindi dell’incomunicabilità della storia con il presente, in una schizofrenica compresenza di realtà che non riescono ad interagire tra loro.

Contro l’omologazione dell’oggi i due approcci di Erica Garbin e di Giovanna Magri.

Anche Erica Garbin utilizza la trasparenza in controluce per appendere ai vetri delle finestre alcuni vecchi cartamodelli del giornale “Burda”, simbolo per molte donne del “fai da te” per vestiti e indumenti, sovraimpressi da immagini di supermercati e di carrelli per la spesa, in una evidente dicotomia di costumi che oggi impone acquisti omologati e di massa e il commercio della grande industria.

Giovanna Magri è presente con le sue stoffe dipinte, diverse ed originali, simbolo di grido d’allarme contro le mode capaci di azzerare ogni fantasiosa personale originalità.

Conclude la mostra Tommaso Carozzi e la sua indagine sul vento, elemento naturale fortemente presente nel territorio e la cui forza motrice e il movimento rotatorio corrispondente viene testimoniata nel tempo dalle numerose piccole girandole sparse nel verde, ritratte negli anni precedenti, e oggi dalla presenza di imponenti pale eoliche, entrambe dipinte in una sequenza di quadri “plen en air”.

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