Premio Nobel per la letteratura nel 1998, il portoghese Saramago si confronta con questo libro con il mito filosofico raccontato da Platone nel VII libro della Repubblica, quello della caverna, trasponendolo in una dimensione attuale e dando ad esso un significato più moderno.
Cipriano Algor è un vecchio vasaio vedovo, padre di Marta e suocxero di Marcal; vive in campagna, in una casetta costruita accanto alla sua fornace, quella che gli ha dato di che vivere per tutta la vita: crea stoviglie di creta.
Un giornovede rifiutata la sua merce, fuori moda in confronto a quella leggera e maneggevole di plastica, e si ritrova disoccupato. Il Centro non ha più bisogno di lui. Questo centro, una specie di città nella città, che come un enorme fagocita contiene tutto: abitazioni, negozi, ospedali, un cimitero, rappresenta ilconformismo, l’annullamento dell’identità individuale, l’espressione di un esagerato automatismo. Qui occhi occulti, quelli del potere, controlano e sorvegliano tutto e tutti.
Poiché il genero lavora proprio lì come guardiano, i tre, rimasti senz’altra speranza, vi si trasferiscono occupando un appartamento al 34° piano.
Il vecchio lascia dietro di sé, in quella semplice e rozza costruzione, le sue emozioni, i ricordi e le speranze coltivate negli anni, pre rinchiudersi in un enorme complesso isolato dall’ambiente circostante e in continuo ampliamento. Per non “morire”, Cipriano gironzola all’interno tutto il giorno imbattendosi in mille assurdità: le spiagge ricreate, l’attrazione delle sensazioni naturali ( percepire la pioggia, laneve,ilsole sul proprio corpo ecc.)
Un giorno vienea saqpere di un fatto eccezionale: è stata scoperta una grotta in seguito agli scavi effettuati nel sotterraneo. Curioso per natura, non si lascia sfuggire l’occasione di recarsi a sbirciare il reperto, propriola notte in cui Marcal fa il turno di guardia.
Cosa vede all’interno?I resti di sei persone “ seduti, tutti eretti come se uno spiedo di ferro avesse loro trapassato il cranio e li tenesse avvitati alla pietra”, forse schiavi in catene seduti sulla panchina! Davanti a loro i resti di un falò.L’uomo esce spaventato e inorridito:”Quelli siamo noi!” confesa a Marta; fa le valigiee se ne torna alla fornace, proprio come uno schiavo che si libera dalle catene.Torna là dove il suo cane e la sua donna innamorata lo aspettano: anche la figlia e il marito lo seguono e tutti insieme intraprendono un viaggio in furgone, alla ricerca della fortuna.
Si tratta di una lettura impegnativa, ricca di analogie e significati simbolici trasmessi però, ricorrendo ad un lessico chiaro ed espressivo e ad un utilizzo piuttosto originale della punteggiatura, in cui predomina l’iuso della virgola. A dialoghi serrati si alternano pensieri riflessivi, quasi filosofici.
E’ un romanzo moderno con contenuti sociali e politici di grande attualità. Saramago intraprende qui un’attenta analisi dell’umanità per evidenziarne le effimere aspirazioni e, oscillando tra realtà ed irrealtà, si schiera chiaramente contro l’eccessiva globalizzazione che caratterizza il nostro mondo.
Daniela Marani