Originale nella sua classicità lo spettacolo “Anna Cappelli, uno studio” in scena al Camploy di Verona il 12 marzo 2014. Una piece stilizzata e composta, essenziale a cominciare dalla scenografia: solo il nome della protagonista a caratteri cubitali su sfondo neutro, a sottolinearne la nota egocentrica distintiva, perchè lei, Anna Cappelli, è tutt’altro che una personalità complessa e da subito dichiara di volere possedere le cose ( e si scoprirà anche le persone e gli ambienti).
Impiegata in Comune e affittuaria di una signora “per bene” si innamora di un ragioniere e decide di andare a convivere con lui, scelta sofferta e conflittuale che le costa “chiacchiere” e isolamento da parte di colleghi ed amici e che la porterà ad un gesto estremo quando lui deciderà di abbandonarla per trasferirsi in Sicilia.
Altrettanto lineare l’interpretazione che segue una consequenzialità logica, senza mutamenti eclatanti, nel descrivere un iter apparentemente scontato: la storia di un amore finito male, una sorta di femminicidio al contrario: mio o di nessun’ altra.
Solo che l’attrice Maria Paiato, supportata da una regia efficace tutta giocata con luci e musiche ad effetto, è davvero bravissima e scava con disinvoltura nel testo di Annibale Ruccello, ghiotta sfida per ogni attrice solista-anche se “non scevro di insidie” dice il regista Pierpaolo Sepe- trovando le mille sfumature capaci di tenerla viva in palcoscenico attimo per attimo e inchiodando lo spettatore fino all’ultima parola.
Originale la scelta del sussurrato che prende buona parte dello spettacolo, che porta da un lato lo spettatore ad una maggiore attenzione, dall’altro le permette di giocare sulle finezze anche mimiche e gestuali, in un tempo dilatato.
Intelligente anche la scelta di questo testo “al femminile” oggi, in clima di “femminicidio”, con una donna che ammazza un uomo. La sostanza non cambia, si parla sempre di possesso, ma la posizione assunta permette un maggior distacco nello scandagliarne le motivazioni sia da parte femminile che da parte maschile.
Lo spettacolo, pur storicamente lontano, appare quantomai attuale, inquadrando il “noir” in un atteggiamento culturale più ampio e rintracciando nel testo di Ruccello e nell’Italia piccolo borgthese degli anni ’60 descritti quella prima “anticultura”, tuttora presente, che orienta la vita e le scelte secondo il valore dell’ “avere”.
Dice il regista Pierpaolo Sepe: “….L’intelligenza dell’autore sta nel nascondere, dietro la follia della normalità, un processo culturale drammatico che ha vissuto il nostro Paese: la protagonista del dramma porta in sé la miseria degli anni in cui divenne importante “avere” piuttosto che “essere”..”
Lo spettacolo, della Fondazione Salerno Contemporanea e del Teatro Stabile di Innovazione, conclude gli appuntamenti di prosa della Decima Edizione 2013/2014 di “L’Altro Teatro”, al Camploy di Verona che vedrà in scena il 28 marzo lo spettacolo di danza “Pinocchiata” di Ersiliadanza con la coreografia di Laura Corradi.
Emanuela Dal Pozzo