Una Carmen scossa dai fremiti di una rivoluzione ( reale e virtuale) è stata quella presentata dal Teatro Carlo Felice di Genova durante la corrente Stagione 2013/2014 ; infatti all’ambientazione rivoluzionaria presentata da Davide Livermore si affiancava quella delle proteste sindacali che, dopo un braccio di ferro che si è protratto per giorni, ha spostato la ‘premiere’ dell’opera dal 9 al 13 maggio, in una data che coincideva, peraltro, con quella della recita dedicata alle scuole (terza rivoluzione) e quanto questo reiterato tira e molla in cui ciascuna delle parti coinvolte (nessuna esclusa) ha avuto la sua parte di responsabilità , possa aver giovato non tanto al risultato artistico quanto all’immagine ed alla credibilità dell’Ente è facilmente immaginabile ma, come sempre accade, l’interesse dei singoli ( da qualsiasi parte provengano) nuoce sempre e comunque al bene della collettività e ricordo che il teatro è spazio sociale ed appartiene a tutti e sarebbe ora che dirigenti e lavoratori lo prendessero come punto primo all’ordine del giorno durante le loro riunioni.
Detto questo, per dovere di cronaca , veniamo allo spettacolo in sé .
Livermore imposta la ‘sua’ Carmen in una Cuba scossa dai fremiti della rivoluzione dove scompaiono i contrabbandieri sostituiti da militanti e dove la stessa protagonista , accompagnata dagli strumenti della tradizione locale ( giustamente scompaiono le nacchere sostituite da ‘bonghi’ cubani ) diventa leader così come ‘femme fatale’ della protesta . La visione del regista è dipanata con coerenza ed attenzione e ben si adatta allo spirito del racconto di Mérimée più che alla partitura di Bizet da questo ispirata, attualizzando il messaggio di fondo senza banalizzarlo inutilmente ( a parte la chiusa del I atto con l’anticipazione della ‘taverna’ di Lillas Pastia ) con pretestuose scontatezze. Così non stupisce che la corrida del IV Atto si muti in un comizio e che tutto ruoti intorno ad un’unica febbre comune che tutto giustifica ed avvalla . Carmen , in quest’ottica è , naturalmente , spietatamente tratteggiata; nessuna sfumatura o tentennamento sfuma la sua figura di guerrigliera ( che taglia la gola senza pietà ad alcuni prigionieri) e solo nell’aria delle carte del III Atto il suo animo sembra vacillare , ma solo per un breve istante . Così, coerentemente, Don Josè viene tratteggiato come un carattere succube e frustrato, stregato dal fascino di una donna dalla quale è dominato e dalla quale riuscirà a liberarsi solo con la violenza ; un uomo vile che non sa scegliere , mai , ma che raccontandosi sempre vittima di situazioni che avrebbe potuto evitare , arriverà a perdersi , mentre per contrasto, Micaela riacquista la dignità che le appartiene e fronteggia la rivale con il coraggio e la determinazione che una scelta di campo del tutto differente le impone .
Il prestigioso cast impegnato in palcoscenico mostrava di saper ben concertarsi con la lettura registica con un naturale giovamento teatrale e drammatico per lo spettacolo stesso.
Sonia Ganassi , se non conosce la timbrica suadente più adatta al celebre ruolo, ne disegna magistralmente i contorni grazie a sapiente musicalità, giusto fraseggio e ad una teatralità viscerale e di grande impatto drammatico .
Francesco Meli è, ad oggi, uno dei Don Josè più convincenti in palcoscenico . Il suo personaggio è tratteggiato con grande intelligenza dall’artista che,senza appesantire pericolosamente la sua timbrica, la calibra con grande equilibrio tratteggiando un ‘carattere’ dal grande afflato lirico senza perderne di vista la profondità , delineata con sapienza attraverso filati e mezzevoci .
Anche la Micaela di Serena Gamberoni colpiva per raffinatezza esecutiva ed attenta musicalità che , specie nel terzo Atto, contribuivano a tratteggiare un carattere non così convenzionalmente risolto mentre Alexander Vinogradov risolveva vocalmente il ruolo di Escamillo.
Completavano il cast : Francesca Tassinari (Frasquita),Margherita Rotondi (Mercédès), Roberto Maietta (Le Dancaire), Manuel Pierattelli (Remendado), Davide Mura (Zuniga) e Claudio Ottino (Moralès)
Il giovane M. Andrea Battistoni ‘leggeva’ la partitura di Bizet senza particolari sfumature, delineando una “Carmen” da cartolina illustrata e poco aderente allo spirito dell’autore .
Il pubblico che gremiva la sala ( principalmente alunni delle scuole elementari) mostrava nel complesso di gradire lo spettacolo, salutando artisti e Direttore con un entusiasmo normalmente appannaggio delle pop star e direi che ciò, con i tempi che corrono, non è poca cosa!!!
Genova, 13 maggio 2014
SILVIA CAMPANA