Andria -18 Festival Castel dei Mondi – 21-31 agosto 2014
Il Festival Castel dei Mondi di Andria,( vedi programma in precedente comunicato stampa) attraversato così come piace a noi, in un’indagine di umori e di peculiarità, si è rivelato con almeno due forti connotazioni, tali da distinguerlo da altri, almeno nel periodo della nostra presenza 26- 29 agosto 2014: l’alta qualità delle proposte ( a parte una caduta di cui parleremo, unica nota stonata, occasione di riflessione) e la grande partecipazione di pubblico: un pubblico territoriale di non addetti ai lavori, cosa ultimamente piuttosto straordinaria nei Festival che non siano di strada o di arte circense, cioè ricchi di un linguaggio popolare immediato.
La straordinarietà dell’affluenza degli spettatori colpisce particolarmente per il fatto che la qualità delle proposte scelte sia della sezione “nuove tecnologie” che in quella “nuova drammaturgia” sono di impatto tutt’altro che facile, anzi piuttosto sofisticate ed innovative e quindi presuppongono gusto e competenza per chi le fruisce.
E’ dato che colpisce perchè inusuale in un momento di generale “scollatura” tra teatro e platea, non solo spiegabile dalla longevità del Festival , quest’anno nella sua diciottesima Edizione che inevitabilmente trascinerebbe con sé un pubblico di fedeli, quanto piuttosto dalle strategie attuate ed emerse nell’intervista al Direttore Artistico Riccardo Carbutti ( vedi intervista).
Vale la pena anche sottolineare una terza caratteristica quale nota distintiva del Festival: l’attenzione alla drammaturgia, vista quale fecondo momento espressivo artistico indipendente rispetto alla sua messa in scena, attenzione concretizzatasi sia in momenti di confronto creati ad hoc al di fuori degli spettacoli , sia nella scelta di messe in scena in cui la drammaturgia assurgeva a punto fondamentale e pregnante degli spettacoli.
Qualificante del Festival in particolare l’appuntamento del 26 mattina “Drammaturgie vive: due generazioni di scritture a confronto”, con l’intervento del noto drammaturgo Antonio Tarantino, con a seguire il debutto regionale del suo testo “Namur” e del giovane drammaturgo Emanuele Aldrovandi con il successivo debutto dello spettacolo Homicide House ( Premio Vittorio Tondelli 2013), alla presenza di esponenti del Premio Riccione Teatro e del Premio Histryio Scritture di scena: un dibattito/ ponte tra diverse generazioni teso a rintracciare analogie e differenze sia tra la drammaturgia di ieri e quella di oggi, sia tra la scrittura narrativa e quella scenica.
Insomma ci è parso che il merito di questo Festival sia stato quello di sapere cogliere ed affrontare le criticità più rilevanti del teatro contemporaneo: il rapporto con il pubblico (che oggi sembra disertare i teatri, almeno quelli che coraggiosamente si rivolgono al nuovo) ed il rilancio della drammaturgia, che come si sa gode di un momento di crisi italiana ed europea ( vedi a questo proposito l’intervista a Guillermo Heras precedentemente pubblicata).
Dobbiamo anche sottolineare l’ottima accoglienza riservata alla stampa, non solo introdotta ed accompagnata agli eventi del Festival, ma più ampiamente nel territorio circostante, alla scoperta delle opere d’arte e della cultura enogastronomica pugliese in un tour imprevisto e molto gradito.
Lo staff di giornalisti provenienti da diverse parti d’Italia e referenti di diverse testate nazionali hanno così avuto occasione di confronto e di scambio anche in ordine agli eventi del Festival, arricchendo al contempo il proprio bagaglio culturale nella conoscenza di una regione ricchissima di storia, di tradizioni e anche di capacità imprenditoriale.
Alessandra Bernocco (del giornale e sito online “Europa”), Emilio Nigro (dei periodici “Hystrio” e “Rumorscena”), Paola Nicita (redattrice di “Undo.net”, “Repubblica” Sicilia ed altre testate di arte e teatro), Marzia Spanu (dell’Ufficio stampa nazionale) ed Emanuela Dal Pozzo (del periodico online “Traiettorie”) hanno potuto visitare alcuni siti di particolare interesse artistico del territorio, quali Castel del Monte, la Cattedrale ed il quartiere ebraico di Trani, con una puntatina alla masseria didattica “Terre di Traiano”, ovvero nella nostra storia popolare più autentica fatta di tradizioni ed arte contadina.
L’iniziativa, resa possibile dal Servizio “Cultura e Turismo” del Comune di Andria, in collaborazione con “Puglia Imperiale” ed il Gal “Le città di Castel del Monte”, si inserisce nell’articolato programma di iniziative di ospitalità riservate a giornalisti e opinion leader – attraverso un bando del settore Turismo della Regione Puglia – in occasione di eventi promossi dai Comuni e da altri Enti pubblici.
Il Settore “Cultura, Turismo, Sport ed Istruzione” del Comune di Andria, infatti, è risultato ammesso a tale rilevante programma comunitario del FESR Puglia 2007-2013 – Asse IV – Linea di intervento 4.1. Azione 4.1.2 – Attività E – Piani annuali delle attività di promozione turistica 2014/2015.
A fare da guida alla delegazione è stata la docente di Storia dell’Arte Donatella Cassetta, una delle professioniste impegnata nel gruppo delle Guide Turistiche di Andria. Il gruppo ha anche potuto visitare le mostre allestite nei castelli di Andria e di Trani dalla Soprintendenza ai Beni artistici di Bari ad uno dei più grandi rappresentanti dell’arte contemporanea, vale a dire il maestro Arnaldo Pomodoro.
L’educational tour ha permesso, infine, grazie alla disponibilità dei germani Maria Teresa e Ascanio Spagnoletti Zeuli, di visitare la Masseria “Terre di Traiano”, in contrada Torre di Bocca, con l’antico frantoio ed il museo, tra gli esempi più belli di archeologia industriale olearia dell’intero Meridione. La visita si è conclusa con una degustazione delle eccellenze enogastronomiche del territorio.
L’interesse del tour ci fa immaginare la possibilità di estendere l’esperienza anche al pubblico del Festival, che potrebbe, oltre gli spettacoli ,godere di percorsi mirati d’arte con tappe di assaggio dei prodotti tipici locali. Questa nuova direzione ci pare aderente alle intenzioni espresse dal Direttore Artistico Antonella Papeo ( vedi intervista), orientata per gli anni futuri alla possibile dislocazione di eventi e spettacoli in luoghi d’arte strategici del territorio, e potrebbe così completare a nostro avviso la conoscenza del territorio con un rilancio d’indagine in chiave storico/ tradizionale.
DRAMMATURGIE A CONFRONTO: NAMUR E IL CASO DI HOMICIDE HOUSE.
Namur( o della guerra e dell’amore) – produzione Teatro Kismet OperA- di Antonio Tarantino- Regia Teresa Ludovico. Con Teresa Ludovico e Roberto Corradino. Spazio scenico e luci Vincent Lounguemare- Costumi Luigi Spezzacatene e realizzazione Artelier- Collaborazione al movimento Elisabetta Di Terlizzi- Assistene alla drammaturgia Loreta Guario
Homicide house- produzione BAM Teatro/MaMiMò con il contributo del Premio Riccione per il Teatro in collaborazione con il Comune di Correggio- Centro di documentazione di Emanuele Aldrovandi con Deniz Ozdogan, Marco Maccieri, Luca Cattani, Cecilia Di Donato- Regia di Marco Maccieri con l’amichevole collaborazione di Gabriele Vacis. Scene di Antonio Panzuto.
Testo vincitore del 52° Premio Riccione-Pier Vittorio Tondelli 2013
Non intendiamo certo accostare in un tentativo di analisi critica di scrittura i due testi così diversi di “Namur” di Antonio Tarantino, ormai di navigata esperienza e Homicide house del giovane debuttante Emanuele Aldrovandi, in cui la critica ha trovato sufficiente stoffa drammaturgica da assegnargli il Premio Vittorio Tondelli 2013 , piuttosto riflettere di come il pensiero di una drammaturgia autonoma, dal valore imprescindibile dalla sua messa in scena, possa cozzare poi con la realtà.
E’ ciò che è successo emblematicamente nei due allestimenti nel Festival che hanno ottenuto consensi diametralmente opposti , nonostante, ad un approccio superficiale, entrambi i testi partissero da un’idea chiara e interessante :in Namur una coppia si svela, attanagliata dall’incombenza del nemico alla porta pronto ad uccidere e in Homicide house introspettivamente un uomo è costretto a raccontarsi, in un gioco tra verità e finzione.
Sempre ad uno sguardo sommario, incapace qui di cogliere la complessità dei risvolti di entrambe le drammaturgie che richiederebbero una lettura più approfondita dei testi, Homicide House avrebbe potuto essere particolarmente godibile ed alleggerito nella profondità dei contenuti, per l’ironia che lo pervade, capace di innestare situazioni grottesche. Invece, grazie alla loro messa in scena, i due testi hanno segnato risultati completamente diversi: molto positivo per Namur, davvero insufficiente ( ma il termine “imbarazzante” sarebbe più calzante) per Homicide house.
In Namur due soli personaggi, sempre al centro della scena, uno scavo continuo nel loro rapporto, dialoghi brevi, domande ossessive ripetitive, un testo che non richiamerebbe azioni eclatanti, piuttosto risolto in una gabbia fisica e letteraria cui è difficile sfuggire, una situazione che indurrebbe a pensare a “pesantezza” letteraria e scenica, ma avviene il miracolo: lo splendore di una regia curata nel dettaglio, capace di leggerezza nell’impensabile e che fa della ripetizione e dell’ossessione un punto di forza energetica. Certo l’interpretazione è altrettanto magistrale, particolarmente in Teresa Ludovico, qui attrice e regista, capace di restituirsi al pubblico in molteplici tagli e sfumature. Il tempo scivola, assorbendo completamente l’attenzione dello spettatore.
In Homicide house al contrario tutto è estremamente statico e pesante, con un’idea scenografica apparentemente allettante ma che rimane immobile. Difficoltosa l’interpretazione, fastidiosa anche nella banalità dell’incedere, appena abbozzati i personaggi privi di spessore, con sottolineature di un testo che cade nelle inevitabili ingenuità, tutti elementi che mi inducono ad abbandonare la platea prima della fine, per un profondo disagio personale psicologico e fisico.
La domanda è d’obbligo: errore di giudizio a monte, premio mal dato, o risultato ( davvero scadente) dovuto ad una regia assente, una mancata direzione attoriale, una scarsa professionalità attoriale e un’assenza di interventi tesi ad ottimizzare il testo?
Perchè la scrittura drammaturgica ( che in scena diventa azione) è diversa da quella letteraria tendenzialmente più descrittiva e la scorrevolezza letteraria di un testo teatrale, pur di buone intenzioni e di contenuto, può e deve essere rielaborato in chiave scenica per sopperire a ciò che altrimenti diventerebbe ingenuità drammaturgica. Vogliamo dire cioè che la qualità letteraria di un testo non automaticamente si risolve in qualità drammaturgica: la parola drammaturgica agita in un palcoscenico ha bisogno di un intervento e di una rielaborazione efficaci perchè il testo diventi vivo e capace di modificare il contesto, un segno incisivo che lasci traccia.
La constatazione di come alla buona resa di uno spettacolo concorrano tutte le componenti interessate, nessuna delle quali può essere pensata come optional (dalla drammaturgia, alla regia, al lavoro attoriale) ci porta ad una successiva riflessione in relazione all’attribuzione dei premi che sempre ( e soprattutto quando come questo finanziati) dovrebbero seguire l’opera anche nel suo processo, non solo nel suo progetto, perchè non è detto che un buon testo drammaturgico sulla carta vada poi a buon fine.
Potremmo allargare il discorso ad alcuni premi nazionali teatrali la cui motivazione si concentra sull’idea di uno spettacolo, progetto ai suoi bagliori, piuttosto che ad allestimento compiuto, ampliando il discorso sulle performance: basta davvero la genialità di un’idea senza un suo approfondimento per rendere convincente in chiave teatrale una performance?
La nota non è solo finezza interpretativa, nonostante sollevi l’alterità di posizioni intorno ad un dibattito vivo e tuttora in corso, ma si ripercuote in risvolti pratici discutibili come l’accesso a festival e programmazioni di prestigio, di spettacoli premiati “ in itinere” ma insoddisfacenti nella loro più matura definizione,
MORSI A VUOTO. UN’ALTRA DRAMMATURGIA GIOVANE
Produzione Maniaci D’Amore- Festival delle Colline Torinesi. Coproduzione con Festival Castel dei Mondi di Andria con il sostegno di Interno5 e Ludwig di Luciana Maniaci e Francesco d’Amore- Regia Filiuppo Renda. Con Luciana Maniaci e Francesco d’Amore- Scene e costumi Eleonora Rossi-Management Nidodiragno.
Premio Scenari Pagani 2014
Sempre sul tema finzione/realtà, indagato anche in Homicide house, si muove l’altro spettacolo premiato dal Premio Scenari Pagani 2014 “Morsi a vuoto” e interpretato dai due giovani ma stavolta promettenti attori Luciana Maniaci e Francesco d’Amore che con sdrammatizzata ironia si auto analizzano, tra dubbi e consapevolezze. Vincono la competenza attoriale e l’intelligenza del testo, soprattutto nella prima parte, mentre la seconda s’impenna in soluzioni meno convincenti, dal cui accostamento non ci viene restituito un tutto: quasi due piani indipendenti pur uniti dalla stessa poetica. Ridondante ci è parsa anche la scenografia, che se da un lato viene arricchita in chiave giocosa e piacevole, dall’altro si serve di immagini ed oggetti non sempre necessari. A nostro giudizio, in un successivo lavoro di pulitura e in una rielaborazione di senso e di necessità, lo spettacolo, già apprezzabile per freschezza ed originalità, potrebbe acquisire maggiore fascino e profondità.
RICCARDO III E SCENDE GIU’ PER TOLEDO: QUANTA DELICATEZZA NEI CONFRONTI DEL PUBBLICO
Riccardo III- di e con Michele Sinisi. Collaborazione alla scrittura scenica Francesco Asselta e Michele Santeramo. Prodotto da Fondazione Pontedera Teatro/Teatro Minimo.
Ci ha profondamente colpiti questo spettacolo fortemente fisico, segnico, materico, capace di scavare nella parola, tanto nel suo duro significato quanto nel suo suono evocativo, mantenuto nella sua forma inglese originale: un monologo breve più volte analizzato e rianalizzato nella costruzione di un Riccardo III di oggi, deforme e follemente consapevole della propria cattiveria. Mi sono chiesto, mi dirà poi Sinisi, chi potrebbe essere oggi Riccardo III, quando lo intervisto colpita non solo dall’originalità dello spettacolo e dalla forza della sua presenza scenica, quanto dalla sua capacità, nonostante la pervasiva drammaticità della piece, di rimanere dentro una finzione scenica, in una sorta di “pudore” capace di mantenere la giusta distanza dallo spettatore: nessun psicodramma ad aggredire il pubblico. Sinisi mi racconta così la storia della nascita e dell’evoluzione dello spettacolo, prima commissionato da una ditta per promuovere un proprio prodotto, con una scenografia ricca ed ideato con più attori, poi man mano ridotto all’essenziale, in un percorso intimo e sofferto, casualmente intrecciatosi con eventi drammatici autobiografici.
Spettacolo profondo, evocativo, in cui emerge la grande padronanza tecnico emotiva del protagonista.
Scende giù per Toledo- Produzione Marche Teatro- Teatro Stabile Pubblico e Fondazione Napoli Teatro Festival- Di Giuseppe Patroni Griffi- con e regia di Arturo Cirillo. Assistente alla regia Roberto Papasso- Scene Dario Gessati- Costumi Gianluca Falaschi- Musiche originali Francesco De Melis- Luci Mauro Marasà.
La poesia irrompe in questa messa in scena accattivante, interamente poggiata sulla bravura di Arturo Cirillo e le sue invenzioni sceniche di regia, capaci di dilatare il tempo e di affrescare una Napoli ricca di fascino e di contraddizioni, sull’onda della storia della protagonista Rosalinda Sprint, un travestito colto nelle proprie debolezze, che con grande dolcezza ci racconta la propria disperazione venata di ironia.
Anche qui, oltre alla straordinaria bravura dell’interprete, alla sua raffinata regia e alla profondità del testo, abbiamo particolarmente apprezzato l’eleganza del modo di porsi, nonostante il tema trattato con espliciti rimandi sessuali e pittoresche descrizioni, che non ha permesso al pubblico di infilarsi con applausi inopportuni e commenti fuori luogo. Paradossalmente questa del “non applauso facile”ci sembra una cifra che segna l’alto livello di uno spettacolo centrato sui contenuti e impegnato artisticamente in una ricerca estetica ed articolata, piuttosto che alla ricerca di un facile consenso, in cui il pubblico senza eccessiva riflessione, possa riconoscere dei clichè di immediata fruizione, svilendo così la profondità del lavoro sottostante. Il mancato applauso durante lo spettacolo per voluta assenza di gag non significa infatti che il pubblico non abbia apprezzato: al contrario.
Successo unanime di pubblico e di critica.
TAPIS MAGIQUES-L’ORIGINE DU MONDE E HAKANAI, DUE PRIME NAZIONALI PER LE NUOVE TECNOLOGIE
Tapis magique- L’origine du monde-Magic Carpet 2014, Miguel Chevalier- Musiche Jacopo Baboni Schilingi- Installazione di realtà virtuale generativa e interattiva- Software: Cyrille Henry/ Antoine Villeret – con il sostegno di Voxels Productions
Il pubblico affascinato e meravigliato scivola nella corte ottagonale interna del Castel del Monte, calpestando prima con stupore e rispetto poi con sciolta dimestichezza i mega mosaici colorati che si compongono sul pavimento: il gioco di un caleidoscopio gigante che si sposta al contatto del movimento degli spettatori, che ondeggia, arretra e si deforma a velocità incontrollabile. Sono forme che invitano al dialogo in un intimo rapporto personale tra singolo spettatore ed immagine. Lo spettatore scopre che non ci sono divieti e lo spazio diventa subito spazio/gioco per i bambini, più istintivamente recettivi alle trasformazioni, increduli nell’inseguimento dei colori che prendono forma, seduce gli adolescenti che sperimentano a sorpresa il contatto diretto del corpo con il pavimento in diverse posizioni, induce il dialogo amicale e l’accorpamento delle famiglie con foto di gruppo: quasi un ritrovarsi in piazza in modo spontaneo, un rinsaldato equilibrio con l’ambiente. Colpisce la serenità indotta all’interno di un’esperienza artistica di full immersion, accompagnata da suoni seducenti e messaggi insiti di libertà.
Il mio pensiero va ai musei e alle mostre pittoriche attraversate in silenzio “ rispettoso e sacrale”, segnate da una distanza che qui pare scomparire del tutto.
HAKANAI
Compagnia Adrien M/Claire B/ Composto e diretto da Andrien Mondot e Claire Bardainne Danza Akiko Kajihara / Interpretazione digitale ( alternata) Adrien Mondot, Claire Bardainne. Interpretazione suono Christophe Sartoti, Lois Drouglazet / Strumenti digitali Lois Drouglazet, Christophe Sartori/ Supervisore esterno Charlotte Farcet/ Direttore tecnico Alexis Bergeron /La Compagnia è accreditata da DRAC Rhone-Alpes, Rhone Alpes Region e sostenuta dalla città di Lione.
Performance che unisce la danza Haiku alla computer grafica, Hakanai, come la precedente, ci parla implicitamente di ecosistema, di interferenza armonica tra uomo e ambiente, qui simbolizzato da un cubo trasparente sul quale viene proiettato l’universo grafico. Le forme semplici ed astratte in bianco e nero rispondono agli input di una ballerina di haiku che danza all’interno del cubo. La sensazione trasmessa è di armonia, alla ricerca di sempre nuovi e diversi equilibri formali, in un dialogo efficace tra uomo ed habitat. Stupefacente l’effetto che passa attraverso uno studio minimalista del gesto in rapporto allo spazio e che rapisce lo spettatore portandolo in una dimensione atemporale.
Alla fine della performance gli spettatori sono invitati ad entrare nel cubo e molti non si sottraggono all’esperienza.
Emanuela Dal Pozzo