Siamo nel 1850, periodo in cui la lontana America attraversa la difficile fase di coesistenza tra schiavismo e abolizionismo.
Due sorelle inglesi, Honor e Grace Bright, si imbarcano sull’ Adventurer, nel porto di Bristol, per raggiungere Faithwell, nell’Ohio. Viaggio lungo e tormentato quello sul grande veliero, per giungere là dove il matrimonio con un quacchero inglese potrebbe cambiare le sorti di Grace e della sorella.
Gli eventi colpiscono duramente le due ragazze e Honor, rimasta sola, trova marito nella nuova comunità di Amici, come amano chiamarsi i quaccheri.
Certo l’America non è il piccolo paese di Bridport, ed è difficile sopravvivere lontano dalle proprie radici, dai genitori e dall’amica del cuore, Biddy, con cui continua però uno scambio epistolare, unico legame col passato, lontano e irraggiungibile.
Honor si scontra con un mondo difficile da comprendere ed impossibile da giustificare, in cui si muovono i coloni diretti ad ovest in cerca di terre, e gli schiavi neri in fuga verso nord inseguiti dai cacciatori, pagati dai ricchi proprietari delle piantagioni per riportarli indietro. Unico suo obiettivo diventa quello di aiutare i “fuggitivi”, anche con piccolissimi gesti: lasciare pezzi di pane sotto una cassetta, o tenere nascosto qualche nero sotto la paglia, almeno per una notte, pur conoscendo i rischi a cui va incontro dopo i nuovi provvedimenti legislativi che puniscono chi non contribuisce alla cattura degli schiavi.
Così la giovane si ritrova ad essere uno dei tanti anelli della fitta rete di collaboratori, e per proteggere questi esseri indifesi alla ricerca della perduta dignità umana, rischia di perdere le sue sicurezze e l’affetto del marito, anche se il coraggio e la determinazione da cui è animata le regalano risvolti insperati.
Si tratta di una scrittura travolgente, la stessa a cui l’autrice ci ha abituati nei romanzi precedenti , quasi tutti di genere storico. Uno stile sciolto reso più maturo dall’esperienza acquisita. Lessico semplice ma specifico in relazione al tempo e agli eventi manipolati. Personaggi, come sempre, riccamente descritti, qualcuno filtrato da un alone poetico come, del resto, negli altri suoi libri.
Tracy Chevalier è una narratrice fertile e talentuosa ricordata soprattutto per il volume “La ragazza con l’orecchino di perla”, che ha vissuto anche un grande successo cinematografico oltre che di lettori e di critica. Ritengo, però, che il suo capolavoro sia “La dama e l’unicorno”( Neri Pozza 2003), la storia di sei arazzi di enormi dimensioni , un’opera d’arte esistente e ancora oggi affascinante e misteriosa alla quale la scrittrice si è ispirata per il suo romanzo; pannelli destinati a ricoprire le pareti della Grande Salle, nella villa parigina del ricco Jean Le Viste, alla fine del 1400. Un susseguirsi di intrecci e di capricci del destino che mescolano eventi e persone, infiammando amori e delusioni e distruggendo speranze sommerse. La strategia narrativa è molto accattivante poiché ogni capitolo è raccontato da un personaggio diverso, a turno; quindi nella sua globalità il libro è il risultato dei vari punti di vista dai quali vengono osservate le medesime vicende, un rosario di esistenze parallele. Dalla lettura ci si rende conto con chiarezza come in generale, nella vita, ciascuno di noi colga con originalità e in modo differente dagli altri le varie sfumature di cui si compongono gli eventi.
“L’ultima fuggitiva” è il suo testo più recente edito da Neri Pozza nel 2013.
Daniela Marani