Full immersion nella cultura durante le attesissime cinque giornate del Festivaletteratura di Mantova (3-7 settembre 2014), appuntamento nato nel 1997 su ispirazione dell’ Hay on Wye gallese, quindi al suo diciottesimo compleanno.
Un pubblico sempre più numeroso , partecipe allo scambio previsto con scrittori ed artisti, provenienti da ogni parte del mondo, all’interno di conferenze, installazioni e reading disseminati negli storici edifici cittadini e nelle piazze.
Secondo le aspettative, la manifestazione ha toccato tutte le corde dell’espressione creativa legata alla letteratura: dalla musica al teatro, dalla gastronomia alla moda. All’interno di questo ambito, giovedì 4, presso la Biblioteca Teresiana, un ricordo particolare è andato a Rosa Genoni, stilista, giornalista italiana nata nel 1867 e oggi ancora poco conosciuta. La nipote, Raffaella Podreider, scrittrice per ragazzi, ha rivalutato la figura della nonna, precorritrice della moda made in Italy, attraverso una piacevole conversazione con i presenti. Una donna decisa e intraprendente il cui motto era “La moda italiana non deve essere suddita di Parigi”, in un secolo in cui tutto dipendeva dalle grandi sartorie francesi. Si è conquistata stima e riconoscimenti per l’originalità dei suoi modelli, rigorosamente confezionati con materiali nazionali, con i quali nel 1906 ha vinto all’Expo di Milano il Grand Prix della giuria. La nipote, che nutre il progetto di dedicarle un libro, l’ha definita “Donna delle sfide e delle conquiste” anche per i suoi impegni politici e la sua opposizione al regime. Palazzo Pitti le ha dedicato la prima sala al Museo del Costume, in essa sono esposti gli unici due abiti rimasti alla famiglia, unitamente a pizzi e stoffe raccolti e conservati da Rosa.
La scelta di ricordare questa donna si colloca perfettamente all’interno di un altro filone presente al festival, quello legato al centenario della Grande Guerra. La Genoni, infatti, fu un’anti interventista e nel 1914, a Milano, tenne la conferenza “Le Donne e la Guerra” in cui esortava la componente femminile a rafforzare il fronte per la pace. E per ricostruire vite e vicende di parenti ed amici coinvolti in questo conflitto, Mantova ha messo a disposizione delle postazioni informatiche in cui consultare i registri sui ruoli matricolari.
Sempre in argomento l’installazione sonora “Caro padre, vidirò…” di Marco Olivieri, Fabrizio Orlandi e Claudio Ponzana. Niente di particolarmente originale: sacchi da trincea disposti lungo il perimetro dello spazio ospitante, oggetti militari disseminati sul pavimento e un percorso fatto di vecchie scarpe, una strada della memoria camminata da uomini e donne, vittime loro malgrado di dolore e sofferenza. Eppure all’interno di questo luogo estremamente suggestivo ( Chiesa di S. Sebastiano, ora Famedio ai caduti per la patria), si respiravano gli echi di un passato (1914-18), non ancora troppo lontano, che esige con forza di essere ricordato come testimonianza di violenza legittimata dal potere. Un’atmosfera dimessa, di riflessione, che i ricordi (lettere, pagine di diari, interviste e proclami) creavano diffondendosi sommessamente nell’aria, sonore testimonianze della paura, ma anche del coraggio incosciente dei giovani mandati al fronte. Testi, voci e canti per la ricostruzione storica di un momento della vita di grandi uomini comuni.
Numerosissimi gli incontri con gli autori, presentazione testi in anteprima nazionale e rivalutazione di figure emblematiche come quelle di W. Wolf e M. Serao. L’edificio Ducale quest’anno si è trasformato, almeno nell’Atrio degli Arcieri, nel “Palazzo delle fiabe”, a cura di Luca Scarlini. Oltre 300 i libri a disposizione, alcuni in forma cartacea altri in consultazione digitale. Questi ultimi sicuramente più interessanti visto che tra essi erano presenti anche volumi datati e preziosi firmati da Luigi Capuana, Alfonso Gatto, Guido Gozzano e altri grandi scrittori. Uno spazio dedicato alla fiaba italiana del Novecento e alle straordinarie illustrazioni di corredo, opere di artisti del secolo scorso: Rubino e Sironi solo per citarne alcuni.
Come di consueto, lo staff di Fahrenheit radio 3, in molte ore di diretta, ha offerto anche agli ascoltatori la possibilità di seguire la manifestazione attraverso dibattiti e interviste ai protagonisti del festival. Giovedì pomeriggio è passato ai loro microfoni anche don Ciotti che al mattino, nella Tenda dei Libri, in piazza Sordello, si era confrontato col pubblico su un tema a lui molto caro: libertà e condizionamenti della criminalità organizzata. In particolare ha ribadito la necessità di un impegno quotidiano e non di una retorica della memoria. Il cambiamento nel nostro Paese ha bisogno della partecipazione di ciascuno di noi, poiché la democrazia non si fonda solo sulla dignità umana e sulla giustizia ma anche sulla responsabilità. Responsabilità che va richiesta alla politica, alle istituzioni e ai cittadini. L’Italia parla oggi di riforme, la prima di esse deve essere un’autoriforma: quella della nostra coscienza. Poi è approdato a “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le Mafie”, nata nel 1995. Tre gli obiettivi che si propongono gli ormai 1600 gruppi che la costituiscono: sottrarre i beni a mafiosi e corrotti; vicinanza ai familiari anche delle vittime “minori”; diffondere la cultura della legalità educando ed educandoci. Parole forti nel tono e nel contenuto che non hanno risparmiato le responsabilità di nessuno.
Si è trattato, quindi, di una maratona tra le vie e i palazzi del centro storico mantovano, per poter cogliere e sperimentare il più possibile di quanto offerto da quest’ ampia (forse troppo) vetrina culturale che si è concretizza in proposte differenti , e naturalmente non tutte di eccellente livello. In netto miglioramento l’aspetto organizzativo, anche se sarebbe opportuno rendere simbolico il costo del biglietto agli eventi (solo alcuni sono gratuiti), che va dai 4 ai 15 euro, laboratori compresi, dando così la possibilità ad appassionati ed esperti di seguire da vicino riflessioni, novità ed evoluzioni che toccano il mondo della letteratura e della cultura in generale.
Daniela Marani