SETTIMIO BENEDUSI AL RADUNO VELISTICO INTERNAZIONALE “VELE D’EPOCA”

Il tradizionale raduno velistico internazionale delle “Vele d’Epoca – Classic Yatchs Panerai Cup 2014” , svoltosi ad Imperia fra il 10 ed il 14 settembre, ha ospitato, fra le varie manifestazioni collaterali, l’evento multimediale dal titolo “Siamo noi la nostra Storia”, ideato dal noto fotografo di origine imperiese Settimio Benedusi, in collaborazione con la Società Assonautica ed il Comune di Imperia.

Settimio Benedusi, vive e lavora a Milano, dove si è trasferito giovanissimo per apprendere la professione di fotografo che esercita in proprio dal 1990, collaborando, specialmente nei campi della pubblicità e della moda, con le riviste delle maggiori case editrici, italiane ed estere. Artista di originalissimo talento creativo e grande comunicatore, esprime la sua idea di fotografia sul proprio blog personale (attivo fin dal 2003) e su un altro del sito web del Corriere della Sera. Insegna presso il Toscana Photography Workshop e l’Istituto Europeo di Design.

L’evento fotografico presentato alle “Vele d’Epoca” parte da lontano ed ha voluto coinvolgere direttamente i cittadini imperiesi in una sorta di operazione di “archeologia di immagini”, sul tema dominante del rapporto fra gli imperiesi ed il loro mare, in ogni sua declinazione : paesaggio, gente, mestieri, ricreazione,sport e in arco temporale che parte da fine Ottocento per arrivare agli anni ’80 del Novecento.

Presentando, qualche mese fa, l’evento ai media e sul proprio blog, l’Autore lo aveva definito non una “mostra” ma piuttosto una “installazione” ed ha spiegato che “Partendo dal concetto di DNA (…) dobbiamo cercare nel nostro passato – noi siamo la nostra storia. E’ importante ricordare e dare valore a quello che abbiamo visto, il vissuto. Come farlo? Andando a chiedere agli abitanti di aprire i cassetti di casa e cercare le proprie fotografie. E’ importante riflettere sul fatto che in questi tempi di fotografia digitale questo non sarà più possibile (…) le foto non si stampano più, si condividono sui social network e la memoria storica rischia di perdersi. Dobbiamo andare a prendere questo giacimento di immagini, di storia ma soprattutto d’amore. Andiamo a sviluppare una vera e propria archeologia di immagini”.

Nell’ “Hangar” di Borgo Marina, antistante al porto turistico di Imperia Porto Maurizio, ove i velieri d’epoca sono alloggiati, è stato predisposto un proiettore a visione multipla che, in contemporanea proiettava, a ciclo continuo, sul pavimento un filmato di onde in movimento, accompagnato da una registrazione audio dello sciacquìo del mare sulla battigia, mentre su tutte le superfici dell’Hangar venivano proiettate le vecchie foto scannerizzate. Lo spettatore ha l’impressione di pressione di trovarsi in riva al mare, avvolto a 180° gradi dalle immagini che si susseguono sulle pareti del vecchio capannone. Indubbio il fascino dell’ “installazione” sotto l’aspetto visivo-sensoriale ed il suo spessore storico-documentaristica, la cui valenza va oggettivamente al di là degli aspetti legati alla memoria locale.

In quasi sessanta minuti di proiezione, scorrono in sequenza, non solo vedute del paesaggio urbano d’antan delle cittadine di Oneglia e Porto Maurizio (unitesi nel 1923 a formare la città di Imperia) ma pezzi di storie di vite personali, volti di personaggi notti e di gente del popolo , attimi di vita , pezzi di memoria collettiva. Peraltro, la scelta di proiettate le immagini su tutte le pareti del capannone è risultata un po’ penalizzante sotto l’aspetto qualitativo, dal momento che pilastri ed altre irregolarità dei muri hanno “spezzato” molte delle immagini proposte e ciò non ha permesso, in alcuni casi, di cogliere appieno alcuni particolari che avrebbero meritato miglior sorte, come ad esempio particolari di volti e di scene di pesca o di vecchi mercati. E’ vero tuttavia che il progetto multimediale di Benedusi è stato basato, per espressa ammissione dello stesso Autore, non sulla qualità, bensì sulla quantità delle immagini raccolte e sul loro impatto narrativo: cosa, questa, del tutto coerente con uno dei punti forti del pensiero fotografico di questo artista, sul quale concordiamo, e secondo cui vale un miliardo di volte di più una foto brutta che racconti qualcosa rispetto ad una foto bella e tecnicamente perfetta che non racconti nulla.

 

 

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