Chi sostiene oggi che, per superare la crisi che sta colpendo il mondo del teatro, siano necessarie scelte popolari poco rischiose e che alla quantità dell’offerta sia sempre e comunque un azzardo contrapporre la qualità, resterebbe esterrefatto nel constatare come una capitale del turismo balneare Adriatico, come Rimini, non tema nell’ affiancare al suo più popolare ‘appeal’ progetti artistico-culturali impegnati e di qualità, i quali ( udite , udite !!!!) oltre a distinguersi per la programmazione attenta, godono anche di un ottimo riscontro da parte del pubblico .
La Sagra Musicale Malatestiana è un chiaro esempio infatti di come , con un obiettivo preciso e concentrato sulla qualità dell’offerta artistica , ben studiato e pianificato, si possa creare un ponte tra una realtà artistica cittadina ( il meraviglioso capolavoro di Leon Battista Alberti) e la città e tra questa e la sua utenza turistica e non solo . La gente è sempre più curiosa ed assetata di bellezza e sapere ( anche dalle pagine dedicate alle arti sul web ciò si comprende perfettamente) e non stupisce dunque che a programmazioni di qualità possa corrispondere un ottimo riscontro da parte di un pubblico sempre più diversificato che il Progetto Mentore (attivo dal 2007 nell’ambito del Festival con l’obiettivo di rendere più agevole ai giovani l’accesso alle manifestazioni ) contribuisce a far crescere.
Detto questo veniamo a quello che mi ha portato a Rimini e dunque alla nuova sfida della Sagra ( giunta alla sua 65.ma edizione) da sempre impegnata in nuove sperimentazioni che possano , unendo classicità ed avanguardia, creare una comunicazione diversa con un nuovo e giovane pubblico . In questo caso la prova è stata forte perchè si è pensato di scandagliare il testo “King Arthur” di John Dryden musicato da H. Purcell nel 1691 per il Dorset GardenTheatre di Londra ,naturalmente ridotta nella tempistica, per trasmetterla al pubblico cercando di metterne in evidenza le caratteristiche più emozionali e catartiche .
Impegnati in questo progetto due interessantissime realtà del panorama teatrale e musicale contemporaneo : il celebrato gruppo riminese dei “Motus” e “Sezione Aurea” ensemble strumentale creato e diretto da Luca Giardini, che trova nello studio ed esecuzione del repertorio strumentale e vocale italiano del XVII e XVIII secolo il suo obiettivo . Due realtà, apparentemente in contrasto, chiamate ad elaborare qualcosa in evoluzione, con un intento comune dunque ed il risultato è stato , come prevedibile , molto interessante.
Motus, sotto l’abile e strategica ‘concertazione’ di Enrico Casagrande e Daniela Nicolò, realizza, tramite la carismatica professionalità di Glenn Caci e Silvia Calderoni , uno spettacolo di grande equilibrio ed intensità , giocando abilmente sulla chiave magica che la storia enuclea ( lo scontro tra Britanni e Sassoni si affianca a quello degli spiriti magici ) dividendo nettamente i ruoli della pièce . Il magico , l’impalpabile, l’onirico viene definito dalla musica , perfetta nel delineare i bizzosi scontri tra i maghi mentre la parola indaga e scava nel panorama umano allargandosi in significanti di forte contemporaneità e proprio sotto questo profilo forse i numerosi filmati registrati hanno un po’ appesantito un narrato che vive d’istanti ( bello l’uso ‘live’ della telecamera ) di danza , di canto , di silenzi . L’essenzialità è sempre vincente infatti in queste operazioni, ed in questa in particolare , accolta peraltro nel bello spazio della recuperata sala Pamphili dai ruvidi profili quasi ancestrali , in cui il detto ed il non detto si giocano in un continuo scambio dinamico .
I ‘Motus’ si confermano maestri nel creare un’atmosfera impalpabile ed incolore che, nella sospensione e nell’attesa, cresce e poi si dipana senza nodi, accogliendo lo spettatore in uno spazio quasi senza tempo in cui è la musica insieme alla parola ed alla gestualità, forte e danzata, a creare e segnare la via dell’intesa e dei contrasti, marcatamente segnati in partitura . In questo contesto l’armonia si amalgama meravigliosamente ( sfida vinta) raggiungendo momenti di grande levatura con gli artisti Laura Catrani e Yuliya Poleshchuk (soprani) ed il controtenore Carlo Vistoli, perfetti nell’ evidenziare con grande misura cosa la pura tecnica e la sensibilità artistica possono creare quando si fondono con armonia ed equilibrio. Così, canto e drammaturgia diventano tutt’uno e la musica , lasciata giustamente librare in equilibrio sul filo di una teatralità solo accennata, dona allo spettacolo una spiccata, forte quanto inattesa contemporaneità .
Il progetto, presentato in prima esecuzione italiana a Rimini, approderà in seguito a Roma e lo merita , cosi come merita una giusta lode, e lo ripeto, chi , come Don Quichotte, sfidando i mulini a vento di una realtà da incubo per il teatro musicale, ma non guidato da uguale follia, persegue con professionalità , audacia ed ugual tenacia , il proprio obiettivo che noi non possiamo che spassionatamente condividere e lodare !
Rimini, 16 settembre 2014
SILVIA CAMPANA