Una stagione problematica quest’anno e per molti aspetti quella dell’Arena di Verona, flagellata dal mal tempo, che ha costantemente messo a rischio una buona parte delle rappresentazioni e abbandonata da una buona parte del pubblico. Quella che si presenta al bilancio di fine Stagione è una realtà che pone molti interrogativi sotto molti profili e che necessita di un risanamento radicale ed incisivo. Un rinnovamento che per prima cosa dovrebbe cercare e trovare il modo per riavvicinare lo spazio areniano al suo pubblico ed alla città cercando di tastarne le aspettative e soddisfarne le attese magari con spettacoli maggiormente proiettati intorno a quella combinazione tra classicità e contemporaneità che, per molti aspetti, ha dato buoni risultati.
Un bell’esempio di spettacolo areniano (ma anche qui un’arena semi-vuota non è giustificabile dato il cast, l’allestimento e la splendida serata di fine agosto ) è stato, ad esempio, l’allestimento del “Romeo et Juliette” di C. Gounod , ormai costante nel cartellone areniano dal 2011, che si conferma perfettamente calibrato e registicamente intelligentemente impostato per il difficile spazio, fatto salvo un lavoro di pulitura delle macchine sceniche il cui spostamento, almeno durante la mia recita, faceva impallidire nel ricordo le criticatissime dune dell ‘Aida de “La fura del Baus” durante la Stagione dello scorso anno.
Francesco Micheli è un regista molto attento e costruisce le sue regie attraverso un’intelligente combinazione di intuizione (bella l’idea della Regina Mab, così presente nella pagina Shakespeariana, fatta vivere sulla scena in alcuni momenti) e giusto uso delle fonti (“Mad Max” su tutti) ed è in grado di creare situazioni che , nella loro semplicità, coinvolgono emotivamente il pubblico , in particolare cito la scena finale in cui i due amanti dopo essersi separati per raggiungere i due lati estremi del palcoscenico si ricongiungono, scesi in platea, proprio in corrispondenza del Direttore e, dopo essersi abbracciati, escono dall’arena correndo portando la loro leggenda alla città , bella prova di come attraverso il semplice ma intelligente uso di un carisma emotivo, un’idea può essere portata avanti con professionalità e coerenza con risultati davvero efficaci e coinvolgenti .
Per il resto tutta la regia è impostata con arguzia giocando con grande raffinatezza sul ruolo sociale dei personaggi e sul loro individuale giogo (una crinolina d’acciaio cinge la vita di Giulietta in tutte le scene di ‘famiglia’) così come su di un giusto uso spaziale degli elementi architettonici (quasi luoghi deputati all’incontrario che seguono invece di essere seguiti) e dello spazio, arrivando ad un risultato che, certo avvicinandosi forse più al musical che all’opera, potrebbe però indicare una delle strade da seguire per presentare al pubblico, ed ai giovani in particolare, la partitura senza avvilirla nel suo contesto storico ma veicolandone ed evidenziandone i valori universali e contemporanei.
Certo in questo caso il regista è stato molto aiutato da due cantanti – attori davvero di grande efficacia teatrale . Lana Kos e Vittorio Grigolo infatti , a prescindere dalle caratteristiche prettamente vocali ed interpretative su cui mi soffermerò tra poco, hanno certamente offerto una prova attoriale a tutto tondo coinvolgendo in pieno il pubblico presente ed oggi questo, per un cantante, è un valore aggiunto che, naturalmente unito a quello vocale, è giusto valutare e sottolineare.
Vittorio Grigolo è voce che fa sempre discutere, c’è chi lo ama incondizionatamente ( in particolare è molto amato all’estero) e chi non lo gradisce affatto; tutto questo perchè la sua vocalità è caratterizzata da un timbro molto particolare caratterizzato da un vibrato che , pur costituendone la peculiarità , non sempre riesce gradito all’ascolto di molti .
In questa particolare recita io l’ho trovato al contrario gradevole, preciso , centrato sul ruolo e sufficientemente corretto. Certo tecnicamente molte cose non sono ben risolte ed il suono spesso non è sufficientemente morbido e rotondo ma ha dalla sua una grande teatralità che lo porta a calarsi nel ruolo con grande partecipazione e passione che arriva direttamente in platea. Sua ottima partner il soprano Lana Kos che ha tratteggiato una Giulietta giovane fresca e credibilissima mettendo la sua buona vocalità completamente al servzio del personaggio.
Ottima Annalisa Stroppa quale Stephano.
Completavano il cast : Elena Serra (Gertrude), Cristian Ricci (Tybald), Carlo Bosi (Benvolio), Michael Bachtadze (Mercutio), Nicolò Ceriani (Pàris), Dario Giorgelè (Grégorio), Enrico Marrucci (Capulet), Giorgio Giuseppini (Frère Laurent) e Deyan Vatchkov (Le Duc de Verone).
Assai bene il M° Jean-Luc Tingaud alla guida dell’orchestra areniana che ha saputo ben combinare dinamiche e ritmi senza perdere in fraseggio ed omogeneità.
Un buon epilogo dunque per una Stagione nel suo complesso sempre più problematica artisticamente che ha presentato di rado ottimi allestimenti e prestigiosi cast dando la prevalenza ad una programmazione non degna per scelte artistiche del prestigio storico e culturale dell’anfiteatro …. Forse un maggior coraggio in futuro potrebbe portare a scuotere la polvere da questo grande monumento che ha rappresentato e rappresenta ancora per molti uno dei più prestigiosi spazi teatrali di tradizione del mondo (la Fondazione Arena per la qualità delle risorse artistiche ed umane dei suoi dipendenti è infatti un punto di riferimento) e , nonostante tutti i ragionevoli e comprensibili problemi legati alla crisi che mina tutto il sistema teatrale, credo che proprio da questo si dovrebbe ripartire, facendo leva cioè su tutto ciò da cui il teatro è tenuto in vita e che lega tutti noi che vi lavoriamo, pur in diversi campi, in un unico e strettissimo abbraccio : la passione per il proprio lavoro , l’amore per il teatro … sembra l’uovo di Colombo ma è proprio da qui, dallo sforzo e dall’amore dei singoli che si potrebbe ripartire … speriamolo !!!
Verona,28/08/2014
SILVIA CAMPANA