Ingredienti raffinati quelli che Giorgio Fontana maneggia con disinvoltura nel suo libro “Per legge superiore”, edizione Sellerio 2011, volume con cui ha vinto il premio Recalmare – Leonardo Sciascia 2012, il premio Lo Straniero 2012 e la XXVI edizione del premio Chianti.
Non è il solito giallo costruito su suspense e fatti delittuosi, e nemmeno una procedura investigativa da seguire nell’evolversi delle indagini; si tratta di un percorso introspettivo alla ricerca della verità.
Il magistrato Doni Roberto è un uomo sofisticato, serio, un po’ annoiato dai soliti eventi professionali: la rigida scansione degli impegni a Palazzo di Giustizia , i monotoni incontri con i colleghi, le pedanti conferenze romane, e per la prima volta nella sua carriera, si ritrova sprofondato del dubbio, nel turbamento instillato dalla presunta innocenza di un muratore tunisino, condannato in primo grado per aggressione ad una ragazza, rimasta poi paralizzata.
Emergono nel testo tematiche importanti come la discriminazione razziale e la logica che sostiene l’iter accusatorio. Affiora tra le righe l’esigenza di guardare con occhi diversi il volto nuovo e multietnico delle grandi città; i quartieri “disgraziati” di Milano, che si trasformano in ghetti dai quali è bene tenersi alla larga per evitare violenze e “contaminazioni” di ogni genere.
Doni scopre questa nuova realtà, se ne sorprende e fin da subito mantiene le distanze, ma non può restare indifferente agli appuntamenti con Elena, una giovane giornalista freelance, convinta dell’innocenza del tunisino, e alle sue perplessità verso un’idea di giustizia obsoleta ed inadeguata.
Egli quindi “revisiona” se stesso come magistrato, cioè come uomo che deve giudicare gli altri uomini, ed è per questo che si insinua in lui la radice cancerosa del dilemma, il dubbio che, a un certo punto, logora le coscienze convinte di aver sempre agito nel giusto e nel legittimo.
Forma scorrevole e sinuosa, contenuto facilmente recepibile nei suoi cardini tematici; lessico chiaro e veloce, stile incalzante, con una certa ricchezza di dialoghi. Tuttavia il racconto non soddisfa pienamente le aspettative del lettore che si ritrova faccia a faccia con personaggi poco verosimili nelle loro scelte, e altri scontati e prevedibili. Troppo enigmatica, ad esempio, l’insistenza di Elena che, senza prove tangibili, riesce a convincere e coinvolgere il procuratore nella ricerca di una verità che sembra essere chiara solo a lei, o forse nemmeno. Il finale lascia perplessi, addirittura smarriti alla ricerca di capire cosa abbia realmente intenzione di fare il magistrato eroico, scelta intuibile nelle ultime righe … ma forse nemmeno.
Interessante, invece, il percorso che si compie nel labirinto della giustizia e degli intrecci giudiziari; Fontana ha poco più di trent’anni e si dimostra già uno scrittore consapevolmente immerso nel terreno nodoso dell’impegno civile. Ha vinto quest’anno il Premio Campiello con il romanzo “Morte di un uomo felice”, edizione Sellerio 2014, ambientato a Milano in pieno clima terroristico degli anni ottanta.
Daniela Marani