Nel variegato calendario di quest’anno, seconda stagione del Teatro Comunale di Pergine gestito dalla Compagnia teatrale AriaTeatro che il direttore artistico Denis Fontanari sottolinea essere innanzitutto luogo di produzione, tra i pochi della regione Trentino, si respira una piacevole commistione di generi e di idee, espressione dell’…..esigenza di comunicare con il pubblico in modo diretto e di investigare l’animo umano, la diversità, la relazione…..” (Denis Fontanari). Una commistione che ci pare lontana sia dai “credo assoluti” che animano certi teatri di nicchia in cui la ricerca in ambito teatrale diventa bandiera trionfalistica, etichetta di distinzione, spesso indifferente alla qualità estetica e comunicativa delle produzioni, sia dalle asettiche e simili programmazioni dei teatri cittadini più importanti, a proporre e riproporre sempre gli stessi testi e le stesse compagnie di giro.
Il fatto è che nell’uno e nell’altro caso l’avventurarsi in nuovi territori significa per forza di cose cambiare tipologia di pubblico,” lasciare la strada vecchia per quella nuova”, agire una scommessa in apertura che rompa la tradizione e le consolidate cristallizzazioni che anno dopo anno si sono sedimentate nel rapporto con un proprio pubblico che conosce esattamente linguaggi e proposte, ma soprattutto implica una modificazione di idea di teatro: nel primo caso volutamente elitario e di nicchia, un po’ snob e certamente più utile a chi lo pratica che a chi ne usufruisce, nel secondo caso preconfezionato, impacchettato e raggelato, a difesa di una tradizione immutabile, insensibile o “aldisopra” delle mutazioni sociali.
Citando quanto detto in un’intervista dal regista, teorico e drammaturgo spagnolo Guillermo Heras “…vedere solo un genere di teatro sarebbe come dichiarare di essere vegetariani piuttosto che onnivori”, una scelta certamente legittima ma che ci impedisce di assaggiare tutto ciò che ci offre il mondo culinario.
Detto questo non vorremmo dichiarare che il cartellone del Teatro di Pergine rappresenti la soluzione di tutti i mali che affliggono il teatro oggi, ma che certamente questo ( e probabilmente non raro), esempio di apertura oltre le pericolose settorializzazioni di ambito, talvolta necessarie ma solo come momenti di studio/ riflessione, non può che giovare alla salute del teatro stimolando curiosità e dibattiti su modelli a confronto, sempre che ne venga salvaguardata la qualità.
Non si tratta cioè di venire incontro al pubblico “abbassando” il livello delle proposte per renderle più commestibili, in una spirale filotelevisiva sempre meno artistica e più commerciale, quanto di ampliare il ventaglio di stili, linguaggi, temi e colori, ma giocati ai massimi livelli, perchè si incontrino e si aggancino sempre più con le esperienze intime e personali degli spettatori, accrescendo quell’immaginario individuale oggi sempre più represso.
Va da sé che l’allargamento di orizzonti collettivi e personali non è semplice esigenza di condivisione di piacere, ma anche occasione di crescita culturale, miglioramento di qualità della vita, occasione di dibattito sociale e di trasformazione democratica civile.
Il calendario viene attraversato da nomi noti come Moni Ovadia e Valerio Binasco, a quelli che ormai si sono ritagliati uno spazio ben definito nel mondo del teatro come Giuliana Musso, Paolo Nani e Corradio d’Elia, fino a produzioni felici e premiate come quelle di Claudia Contin e di Andrea Brunello, compresa una breve panoramica delle produzioni di ariaTeatro, con un’interessante proposta di una tessera a prezzo simbolico per gli under 30, nella prospettiva di creare un pubblico del futuro.
Segnali importanti che ci piacerebbero più presenti anche in altre città.
Sempre all’interno del cartellone siamo stati incuriositi dalla presenza dello spettacolo “Risate sotto le bombe” in scena il 15 gennaio 2015, accattivante commedia di Giorgio U.Bozzo e Gianni Fantoni, scaldata dalle musiche e dalle canzoni dal vivo, sotto l’attenta direzione di Christian Schmitz e dall’assemblaggio di numeri da rivista anni ’50. Il trio delle Sorelle Marinetti, in arte Turbina ( Nicola Olivieri) Mercuria (Andrea Allione) Scintilla (Marco Lugli) che vagamente ricordano le Sorelle Bandiera, nonostante una presenza molto più misurata e meno caricata ed acusticamente simili al Trio Lescano, incanta per calore e professionalità: nessuna sbavatura nella caratterizzazione dei personaggi, grande cura nel dettaglio, né è da meno Gianni Fantoni nel ruolo del capocomico Altiero Fresconi, perfettamente capace di dominare la scena distribuità tra ambiguità e furbizia spicciola, “anti eroe” capace di coinvolgere empaticamente il pubblico per identificazione spontanea.
Nonostante lo spettacolo risenta di clichè: scene prevedibili, durata complessiva, tempi ed attese calcolati, studiato cioè per un gusto ed un pubblico abituato a questi meccanismi/linguaggi scenici, è ottimamente interpretato e diretto ed ha il raro pregio di dare vita ad epoche passate, più nella intensità delle atmosfere e nel rigore filologico che nel tema della guerra e dell’armistizio dell’8 settembre 1943, che viene trattato in modo leggero e scanzonato, un po’ dietro le quinte, aderente alla trama che racconta di una compagnia di arte varia che a seguito di un allarme aereo si rifugia nella sala del coro sotto il palcoscenico e ne approfitta per provare i numeri dello spettacolo in attesa di debutto.
Emanuela Dal Pozzo