Un’affabulazione a tre si potrebbe definire “Furiosa” andata in scena al Camploy di Verona in data 20 febbraio 2015, all’interno della Rassegna “L’altro Teatro” organizzata dal Comune di Verona in collaborazione con Arteven e con il sostegno della Regione del Veneto e del MIBAC, Ministero per i beni e le attività culturali; un’ora di spettacolo durante la quale i tre attori Andrea Manganotto Jessica Grossule e Alberto Rizzi, anche regista e attore della Compagnia, danno vita ai personaggi più significativi del poema dell’Ariosto “L’Orlando Furioso”, in una sua libera e piacevole trasposizione.
La piacevolezza dello spettacolo non deriva tanto dal testo che narra le gesta di dame e cavalieri quanto dall’utilizzo scenografico di tre “machinae” teatrali, tre leggere strutture metalliche che gli attori padroneggiano in scena e che con grande abilità si trasformano in continuazione, quasi in un gioco caleidoscopico di immagini, per diventare castelli, destrieri, mostri alati, draghi, piegandosi alle esigenze del racconto.
Questa scelta intelligente che privilegia per la narrazione una scenografia povera, essenziale ma funzionale, restituisce un’incisività di testo altrimenti persa in un racconto che rimane su un’unico piano e in cui le parti distribuite sono giocate in chiave di monologo senza particolare approfondimento di scene e personaggi, di caratteri e di atmosfere, configurandosi più come “affabulazione” che spettacolo teatrale: un’affabulazione comunque ben condotta nei ritmi nonostante qualche cedimento d’intensità e di energia attoriale.
Buona anche l’idea di spezzare i verbosi monologhi con commenti che uscendo dallo schema narrato riportano alla quotidianità, ma se la domanda ricorrente “ questa scena sarà una metafora per……?” richiama possibili interpretazioni di percorso diverse, forse anche ironizzando sulle intellettualizzazioni che spesso in teatro si compiono, altri commenti più immediati e ammiccanti rischiano di svilire il risultato di questo percorso che personalmente avrei preferito più pregnante anche sul piano dei linguaggi teatrali, non perchè sia mancato il valore di questa lettura, ma perchè vi è particolarmente oggi una sete/ necessità di scavo e di riflessione, anche sullo stesso lavoro attoriale oltre che sulle tematiche affrontate, possibili anche in una versione giocosa come questa, proprio perchè elementi complessivamente carenti nel panorama delle produzioni teatrali, almeno per quanti individuano nel teatro non solo un momento di divertimento ma anche un’occasione di confronto.
La messa in scena ha indubbio valore divulgativo del poema entrando nelle maglie del racconto e dipingendone seppur a grandi linee i tratti e per questa ragione potrebbe essere un valido strumento per le scuole.
“Furiosa” è di Ippogrifo Produzioni, centro produzione di teatro e cinema a Verona.
Emanuela Dal Pozzo