LA STAGIONE LIRICA 2015 ALL’ARENA DI VERONA : IL NABUCCO E L’AIDA

Singolare la 93sima Stagione Lirica che la Fondazione Arena di Verona presenta al suo pubblico di appassionati quest’anno.

Con lo spettro incombente di una città che rischia di restare priva del suo teatro di tradizione, punto di riferimento di quegli appassionati che non relegano al “Nessun dorma ” o al ” Va pensiero ” areniano la loro sacrosanta passione ( decisione che ci auguriamo possa al più presto essere scongiurata da un tavolo comune che unisca tutte le forze in gioco e trovi una soluzione accettabile per il profilo culturale ed etico della città ) questa si presenta animata da ben poco entusiasmo. Contraddistinta da datati allestimenti ( e neanche troppo ) concentrati su visioni artistiche monocordi (ben due gli spettacoli firmati da Hugo de Ana e da Franco Zeffirelli che ‘doppia’ con “Aida” e “Don Giovanni” ) e conosciutissime, quali il celebre allestimento di “Nabucco” firmato da Gianfranco De Bosio ed il ” Romeo et Juliette” di Francesco Micheli , il taglio artistico della Fondazione ( certo influenzato da un più concreto e significativo altro tipo di taglio ) sembra oggi essere il ‘nazional-popolare’ ( e qui nulla di male ) interpretato peró ad un livello troppo basso come impostazione . Infatti il problema non sembra risiedere tanto nelle scelte artistiche degli artisti, ricercati sostanzialmente con un giusto equilibrio, quanto proprio nell’impostazione generale che sembra studiata appositamente per far dimenticare al pubblico che ci si trova all’interno del più grande ed importante teatro di tradizione all’aperto del mondo e non altrove . Alcuni luoghi, adibiti oggi allo spazio scenico, hanno una loro storia artistica e culturale e ciò fa la differenza , sarebbe forse meglio ricordarlo . Un moderno palasport potrà forse essere gremito come l’arena ma non potrà mai possedere il suo fascino e la sua storia, così come una moderna catena di ristorazione non potrà mai possedere lo charme di un locale storico, i muri parlano, sempre e comunque, ed hanno dunque bisogno di rispetto e scelte curate.

Veniamo ora allo spettacolo inaugurale di “Nabucco”che si riconferma per la raffinatezza e la sobrietà dell’impostazione, cui Gianfranco De Bosio, in collaborazione con il compianto ed illustre scenografo veronese Rinaldo Olivieri, diede vita nel 1991 sottolineando, con un efficace gioco spaziale ed architettonico, la partitura verdiana, non soffocandola con inutili orpelli ma facendola emergere attraverso una solenne e sobria maestosità di linee unita ad una disciplinata teatralità delle masse corali guidate ed equilibrate con giusto senso spaziale .

Luca Salsi , come più volte ripetuto, possiede una delle vocalità baritonali più interessanti in questo momento sui nostri palcoscenici e questo per una timbrica assai interessante e per un’attenzione al fraseggio di tutto rispetto . Certo la sua indole lo porta troppo spesso a forzare il suono per ottenere una sonorità che di fatto già possiederebbe per natura e questo spesso toglie alla sua interpretazione quel ‘quid’ che farebbe certo la differenza.

Martina Serafin ha una vocalità che ben si adatta al temibile ruolo di Abigaille che pur mostra di non possedere compiutamente . Le agilità non riescono sempre a brillare e soprattutto a trasmettere quella terribile veemenza che Verdi voleva per questo determinato ruolo, ma la sua esecuzione si segnala comunque per correttezza professionale e giusta musicalità .

Interessante per possente vocalità si poneva lo Zaccaria di Dmitry Beloselsky così come Piero Pretti si faceva notare quale Ismaele di lusso . Sostanzialmente corretta anche la Fenena di Nino Surguladze.

Completavano il cast : Alessandro Guerzoni (Gran sacerdote di Belo), Francesco Pittari (Abdallo) e Madina Karbeli (Anna).

La bacchetta di Riccardo Frizza, alla guida dell’Orchestra della Fondazione, si portava con equilibrio, dipanando bene la vibrante partitura verdiana evidenziandone , giustamente, data la sede, la connotazione più popolare e patriottica .

Per quanto riguarda l’“Aida” diciamo subito che la tronfia e faraonica regia Zeffirelliana, nella quale troneggia il gigantismo ed in cui ori e luccichii la fanno da padrone, allontana di molto dalla partitura verdiana intrisa, come si sa, di intenso lirismo e, se lo spazio areniano invita certo ad allestimenti di tradizionale impatto, è certo che misura , buon gusto e giusto senso del teatro non dovrebbero essere mai abbandonati, specie in uno spazio già di per sé eccessivo e spettacolare come quello dell’anfiteatro.

Detto questo, un buon cast si muoveva in palcoscenico .

Carlo Ventre disegnava il suo Radames con sostanziale correttezza così come Maria Josè Siri impostava la sua Aida intorno ad una buona interpretazione che univa ad una sostanziale correttezza vocale un’ottima teatralità . Notevole il Ramfis delineato con tonante robustezza da Raymond Aceto mentre sostanzialmente impostato su di un canto di forza risultava l’Amonasro professionalmente risolto da Leonardo López Linares .

Di tutt’altro spessore si rivelava la prestazione di Anita Rachvelishvili impegnata nel ruolo di Amneris . La peculiarità di questa particolare artista , al di là di una vocalità assai importante, di estrema bellezza nel timbro quanto tecnicamente assai ben sostenuta, è la sua indiscussa teatralità . Ogni parola è sempre cesellata nella sua interpretazione particolarmente curata attraverso l’uso di un fraseggio sensibile , minuzioso e sempre al servizio del teatro e del personaggio, caratteristica questa fondamentale per ogni artista specie quando si accinge ad affrontare i ruoli verdiani.

Completavano il cast : Giorgio Guseppini (il Re), Francesco Pittari (un messaggero), Alice Marini (Sacerdotessa). Molto bene i danzatori Annalisa Bardo, Alessia Gelmetti, Teresa Strisciulli, Evghenij Kurtsev e Antonio Russo impegnati nelle giuste coreografie di Renato Zanella.

La direzione del M°Andrea Battistoni poco aggiungeva e molto toglieva alla partitura risolvendola sotto un versante prettamente epidermico e superficiale .

In entrambe le serate ben si comportava il Coro della Fondazione diretto dal M° Salvo Sgrò.

Un’arena sostanzialmente gremita siglava con successo l’inizio della Stagione veronese.

Verona, 19,20/06/2015

SILVIA CAMPANA

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