BIO PARCO: “EFFIMERA”, MONOLOGO INEDITO DI STEFANO BENNI AL TEATRO ARGOT DI ROMA.RECENSIONE

Apre la stagione teatrale di Argot Studio, il piccolo teatro all’interno del palazzo storico di via Natale Grande, il monologo EFFIMERA, scritto da Stefano Benni e diretto dallo stesso Benni e Viviana Dominici. Un monologo inedito con Dacia d’Acunto e la scenografia di Pietro Perotti, una riflessione profonda ed ironica sul tema dell’apparire. In scena dal 7 al 20 Ottobre. Dietro le quinte Benni racconta: “da ragazzino sentivo le urla strazianti di mio nonno mentre mia nonna pregava per lui. Il nonno urlava e lei pregava”.
Sin da piccolo Benni sente il desiderio di schierarsi da una delle due parti e sceglie il nonno perché oltre al dolore deve sopportare anche la beffa, infatti, a provocare il dolore è un arto mancante.
Che sottile senso dell’umorismo questo Dio!
Questo è un piccolo racconto intimo che racchiude un modo di essere. Allo stesso modo Effimera, la farfalla coatta abitante del bio parco, alterna momenti di estrema gioia a momenti di massimo sconforto. Nata già consapevole della fine, nata già con le ansie da Social.
Benni mette in scena i sentimenti, le paure e l’ironia di una generazione profondamente in crisi, di una generazione che cerca di far di tutto per non capire niente e che si meraviglia di tutte le insidie che nasconde il viaggio della vita. La piccola fatina – farfalla ha voglia di vivere nonostante tutte le preoccupazioni e va oltre la paura. Sarà questo lo spirito giusto? Non farsi spaventare dalla paura. Buh !
Effimera è sola in un mondo che crede senza confini, ma fa presto a capire quali sono i suoi, quelli del Bio Parco. E … BIO PARCO! Capisce immediatamente che sono invalicabili.
Povera Farfallina … un solo giorno e troppe cose da scoprire.
Meravigliosa è l’interpretazione della giovanissima Dacia D’ Acunto nei panni della piccola fatina irriverente. La Scenografia è un mini- mega mondo tutto colorato e da scoprire, ricorda un quadro surrealista. Pietro Perotti è lo scenografo, ex operaio Fiat.
In un luogo sospeso nel vuoto c’è una vita vissuta dall’alba al tramonto e un desiderio: poter vivere anche solo un minuto di più.

Il teatro Argot Studio è: “una struttura ideata e condotta fin dalla metà degli anni Ottanta dal un attore-regista, Maurizio Panici, che ebbe l’intuito di rendere fluida la programmazione, di creare una casa per gli artisti giovani senza pretendere un tesseramento della ricerca. Il risultato di spettacoli, incontri, formule e progetti fu quello di svecchiare un panorama troppo elitario delle più gloriose (e necessarie a suo tempo) cantine romane, cosi’ scrive Rodolfo Di Giammarco, critico teatrale e no solo, in L’Argot… nostro contemporaneo – Vent’anni di passione teatrale.
Il fenomeno delle “cantine”, soprattutto romane, esplode negli anni ’70; ed è un fenomeno che si lega a vari ambiti artistici, in ambito teatrale si ricollega alla personalità di Carmelo Bene. Bene è il primo ad utilizzare spazi insoliti fuori dal circuito ufficiale. La sua ideologia sovversiva contribuisce, forse non volontariamente, a coniugare attorno a sé moti giovani teatranti, che hanno costituito una sorta di circuito off. Dal rifiuto del sistema teatro nasce una rete di giovani attori-autori che si ripercuote nel Teatro di Cantina. Infatti, molti degli artisti che ruotano attorno a questo circuito e quindi attorno alle idee di C. Bene provengono dalle Scuole e dalle Accademie di Arte Drammatica, queste Scuole però vengono abbandonate ancor prima di essere terminate perché considerate appartenenti ad un sistema d’insegnamento antiquato.
Certo è che l’aspetto bivalente di questo tipo di teatro sta nella coabitazione di due anime: una relativa all’l’identità artistica e l’altra che combacia con l’identità personale.
Scrive ancora Rodolfo Di Giammarco: “ la storia dell’Argot è una storia di emozioni, di scoperte , d’imprinting e di scelte (e ricordi) di nuova sensibilità. Dunque non m’è possibile tirare le somme ma m’è facile ricostruire flash, tratteggiare episodi emblematici, soffermarmi su sintomi che erano nell’aria, che si respiravano tra quelle mura trasteverine sempre gremite, chiacchierate, ambite”.

di Stefano Benni
con 
Dacia d’Acunto
regia 
Stefano Benni e Viviana Dominici
scenografia 
Pietro Perotti
costumi 
Lucrezia Farinella
disegno luci 
Giuseppe Filipponio
suono 
Fabio Vignaroli
assistenza tecnica 
Daria Grispino
foto e grafica 
Manuela Giusto
in scena dal 
7 al 20 ottobre al Teatro Argot Studio

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