Chiude in bellezza domenica 22 novembre 2015 al Museo Polironiano di San Benedetto Po (Mn) la mini rassegna di teatro di figura “ La voce della Buba”, organizzata da Il Museo Civico Polironiano e La Casa del burattinaio di Giorgio Gabrielli.
La Rassegna chiude con lo spettacolo di ombre fuori programma di Giorgio Gabrielli: “Tra fossi e boschi”, spettacolo arrangiato in sostituzione di quello previsto, dice Gabrielli, e non nuovo nel ricco repertorio dell’interprete, che volutamente non chiamo burattinaio per la poliedricità dell’approccio: costruttore, ideatore, drammaturgo, burattinaio e qui decisamente attore, padrone della scena e grande affabulatore.
Non è la prima volta che recensiamo questo artista che sempre ci colpisce non solo per la sicurezza con cui si muove nello spazio scenico e interagisce con gli spettatori o per la capacità di rendere vive le sue creature, quanto piuttosto per l’originalità della ricerca, tanto nell’approccio ai contenuti quanto nel piegare alle proprie necessità drammaturgiche quella tecnologia che dai più, sempre in ambito teatrale, viene sbandierata, ostentata, esibita quale carta distintiva marchio tra il vecchio e il nuovo, dimenticando che non è l’utilizzo di più o meno sofisticate tecnologie che rende “ nuovo”, interessante o pregnante uno spettacolo, quanto piuttosto l’aderenza, la pertinenza, l’efficacia di quel tipo di linguaggio in funzione del suo contenuto complessivo. -E’ un pensiero questo, lo scambiare il mezzo con il fine, cioè il linguaggio utilizzato con il contenuto che deve veicolare, che più in generale attraversa spesso gli ambiti artistici attuali e che nel teatro cozza contro quella sua funzione tipicamente comunicativa oltre che estetica, funzione che pare spesso sottaciuta anche in certi ambienti critici.-
Sono quattro le storie narrate attraverso le ombre e i pupazzi da Gabrielli, che motiva il titolo di questa raccolta “ Tra fossi e boschi” spiegando come le stesse siano scese dagli alberi durante il suo inseguimento di una lucciola nel buio della notte tra i dintorni del paese. ( Bello il commento di un bambino del pubblico: “ quando mio papà va tra i boschi trova solo funghi”.)
Sono storie semplici, apparentemente fatte di nulla e proprio per questo fortemente poetiche, precisissime nello svolgersi, con quella dilatazione di immagine e tempo capace di incuriosire e di portare in altre dimensioni, con quell’ancorarsi al reale che non tradisce la ferrea logica infantile, ma anche con un geniale uso della luce attraverso la costruzione di oggetti pensati in funzione del loro utilizzo/effetto.
Così il trucco delle ombre colorate ed accattivanti che vengono agite dietro lo schermo viene svelato durante lo spettacolo in un gioco interattivo continuo tra l’attore e le sue forme, le forme e i burattini che rappresentano, i burattini con l’attore e il pubblico di bambini, assecondando un interloquire fluido di senso che sembra sempre nascere per caso, necessario e concreto, tra chi sta sulla scena e chi vi assiste, restituendo al contempo ai piccoli spettatori un ruolo dignitoso, non sempre percorso da quanti si occupano di teatro ragazzi.
Bisogna aprire una parentesi sul teatro ragazzi che ha delle regole rispetto alle quali è difficile transigere, prima tra tutte non considerare i bambini come “scimmiette ammaestrate” che ridono e rispondono a comando, concetto in largo uso tra i più incauti, idea che nasce dalla facile permeabilità di questa tipologia di pubblico, meno inquinata, opacizzata e disincantata da quella adulta. I bambini hanno l’innata voglia di ridere, di divertirsi, di sentirsi parte di qualcosa e sarebbe un delitto strumentalizzare questa loro naturale disponibilità e apertura per costringerla in vicoli ciechi e cliché, cominciando da subito ad ammazzare l’intelligenza che è in loro.
Ci sono anche altri parametri di qualità del teatro ragazzi come la pregnanza dei contenuti ( i bambini sono intellettualmente esigenti), la conduzione della storia ( i bambini si annoiano se non succede nulla o i ritmi sono sbagliati), l’aderenza e la concatenazione logica ( il pensiero può volare ovunque ma va portato: i bambini non sono né sciocchi né creduloni).
Sono pregi che si ottengono solo in virtù di percorsi personali di approfondimento, amore per la ricerca nel proprio lavoro, attenzione allo spettatore cui lo spettacolo è rivolto, continuo feedback tra qualità della proposta e qualità della risposta: in sintesi grande capacità di analisi e autoanalisi.
Il solo portare i bambini a teatro non basta né per l’oggi, pensando che comunque il teatro “fa bene”, né per il domani, nella prospettiva di renderli futuri spettatori. Il teatro, come l’arte in generale, è il cibo per la mente e come si sa la qualità nel cibo è importante.
Emanuela Dal Pozzo
Giorgio Gabrielli tel 335 8167316
Museo 0376 623036
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