LA CASTA MORTA#SENZAILPOTERESIMUORE AL TEATRO STUDIO UNO DI ROMA. RECENSIONE

Complesso, stimolante e ricco di sfaccettature lo spettacolo “La casta morta#senzailpoteresimuore” in scena dal 7 al 17 gennaio 2016 al Teatro Studio Uno di Roma che, almeno nella serata di sabato 9 fa il tutto esaurito in una delle due piccole sale teatro riservate agli spettacoli e il cui prologo, installazioni viventi interattive centrate sui personaggi chiave dell’Odissea, ha catturato e affascinato il pubblico presente che si è trovato rapito in un’altra dimensione con la quale ha dovuto fare i conti e giocare.

Il Mito torna nella storia in forma di sogno, di reminiscenza disturbante. I vecchi insegnanti-personaggi mitologici appaiono ai cattivi scolari, li terrorizzano, li puniscono” scrive nelle note di regia Simone Fraschetti, e qui, nel fojer del teatro, gli attori/alunni scanzonati, maliziosi e candidamente provocatori (“ gli uomini sono tutti porci e maiali “) invitano gli spettatori ad entrare in Circe che sceglie tra gli uomini la preda di turno. Il busto di Circe emerge maestoso da una gonna/tenda ampia e accogliente, pronta a ricevere l’uomo predestinato mentre poco più in là Penelope seminascosta dalla sua tela danza la sua attesa e un cantore/musicista si aggira senza suoni tra Cassandra e Athena.

All’annuncio del suo arrivo comincia lo spettacolo. Il branco/casta, cinque parlamentari e un commesso eleggono il presidente fantoccio Neoplasio, burattino e burattinaio, mentre si consuma la precaria presa del potere. Lo sanno che la casta è destinata a morire e per questo è già morta e comprendono che l’unica soluzione per il mantenimento del potere passa attraverso il consenso della gente, con le necessarie finte adesioni emotive a campagne umanitarie o partecipazioni commosse ad eventi luttuosi, mentre il potere politico ed economico trovano la massima intimità nel momento del bisogno fisiologico.

La qualità di questo allestimento sta nell’analisi e decodifica delle tematiche sottese che ci vengono restituite con immagini pregne di significati e dense di spessore, qualità sempre più rara nelle produzioni teatrali che spesso si muovono su un unico piano di superficie anche quando sostituiscono alla parola altri tipi di linguaggi. In alcuni momenti la predominanza di un teatro di parola di natura descrittiva, ha tradito forse una mancanza di fiducia di comprensione da parte degli spettatori ,che hanno potuto peraltro seguire lo spettacolo secondo diversi livelli di lettura. Allo stesso modo la mescolanza di linguaggi, se può averne favorito la comprensione lasciando libertà di scelta agli spettatori, ha anche penalizzato la scelta di uno stile e di una “firma” registica che a tratti si intravvede: uno spettacolo comunque da non perdere.

Incisiva e bene caratterizzata l’interpretazione degli attori: Raffaele Balzano, Marco Bilanzone, Valentina Conti, Francesca Romana Nascè, Mersia Valente e Marco Zoldan.

Notevoli le installazioni di Pamela Adinolfi, Alessandra Caputo, Daniele Casolino, Lisa Rosamilla e Antonio Sinisi.

Dice la presentazione: “ La casta morta nasce come omaggio all’autore de La classe morta, Tadeusz Kantor, del quale nel 2015 ricorre il centenario della nascita. Abbiamo scelto di non rivisitare o riproporre le opere di Kantor, ma di realizzare uno spettacolo nuovo, un’opera originale ispirata alla concezione dell’arte come libertà, continuo dissenso e “salvezza”.”

L’allestimento è stato realizzato con il sostegno dell’Istituto Polacco di Roma in occasione del 250° Anniversario del Teatro Pubblico in Polonia e del Centenario di Tadeusz Kantor e prodotto da Patas Arriba Teatro.

Il testo di Adriano Marenco tradotto in polacco e pubblicato bilingue per Lithos col doppio titolo La casta morta/Umarla Kasta è già stato messo in scena a giugno del 2015 al Teatr Nowy di Cracovia con la regia di Iwona Jera.

Vale la pena sottolineare ancora una volta il valore di questo spazio romano di Torpignattara in via della Rocca, Teatro Studio Uno, casa romana del teatro indipendente, che sembra vocato a dare ospitalità alle avanguardie teatrali, intese come novità di nuove generazioni che spesso si presentano con un linguaggio comunicativo e fresco ( lontane da certa ricerca chiusa in se stessa) e particolarmente seguito da un pubblico giovane.

Visto il 9.1.2016

Emanuela Dal Pozzo

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