LA MOSTRA “AFFINITA’ ELETTIVE: DA DE CHIRICO A BURRI” ALLA GALLERIA D’ARTE MODERNA DI ROMA

Inaugurata il 17 dicembre 2015 e tesa a valorizzare il patrimonio artistico del Novecento italiano, la Mostra “Affinità elettive: da De Chirico a Burri” si snoda lungo i tre piani del palazzo di via Crispi sede della mostra, unendo opere della Fondazione Magnani Rocca con altre della Galleria d’Arte Moderna in un excursus filosofico e artistico che prende in considerazione il periodo dagli anni venti agli anni sessanta.

E’ infatti interessante notare come in questo allestimento -che dedica particolare attenzione anche alla figura di Luigi Magnani mecenate illuminato, fondatore del museo parmense e a cui si deve la collezione di un importante patrimonio artistico- l’espressione delle singole filosofie degli artisti scorrano con scritte autografe sulle pareti parimenti (e quasi con ugual forza) alle opere esposte, per offrire al visitatore quella chiave di lettura capace di interpretare i silenzi, le inquietudini, le urgenze poetiche svelate nei pensieri sottesi degli artisti.

Si coglie un comune sentire degli artisti presenti, da De Chirico a De Pisis, da Carrà a Morandi, da Severini a Savinio o Burri, aldilà delle specificità stilistiche e dei movimenti artistici nei quali sono stati identificati: la concezione di un’arte soggettiva che scompone e ricompone la realtà per restituircela filtrata da una propria esperienza mentale e sensoriale.

Dice Marino Marini a proposito:“ L’arte attinge alla natura, la trasforma spiritualmente e la restituisce nella forma da lei percepita. Questa è arte.

Da questa premessa comune scaturiscono peculiarità e differenze, come quella espressa da Gino Severini presente con molti lavori: “ L’oggetto, le linee e i piani che lo compongono hanno simpatie e avversioni, insomma una vita, un nuovo ritmo proprio. Bisogna avere dell’oggetto una conoscenza completa per mezzo dell’idea”, concetto che trova qui una delle massime espressioni esemplificative nell’opera “danseuse articulée– olio su cartone con elementi mobili collegati da spaghi (1915)” e rappresentati da diversi piani di cartone sovrapposti e movibili e che rendono il quadro tridimensionale, che va a collocarsi in quel periodo artistico e filosofico futurista orientato anche al movimento visto come superamento di tutti i vincoli di staticità.

Il rifiuto di categorie spaziali preordinate è particolarmente sottolineato dall’affermazione di Giorgio Morandi : “ Per me non vi è nulla di astratto, per altro ritengo che non vi sia nulla di più surreale e di più astratto del reale” fino alla soluzione più personale( ma che aprirà nuove strade ) di Alberto Savinio che afferma “ Le mie pitture non finiscono dove finisce la pittura. Continuano. E si capisce. Erano già nate prima che fossero dipinte. E’ giusto che vivano anche aldilà della superficie dipinta.”

Aldilà delle opere esposte e della loro importanza artistica ci è parsa questa una mostra particolarmente attenta ai risvolti, alle implicazioni e alle sfumature insite negli autori, con una spiccata sensibilità verso quei percorsi interiori a sostegno delle opere presentate e tali da indurre nel visitatore un atteggiamento di ascolto e di riflessione grazie anche alla presenza di suggestioni musicali lungo il percorso.

Completano la mostra una splendida esposizione di sculture dello stesso periodo e una sezione di opere grafiche dedicata alle acqueforti di Giorgio Morandi.

La mostra rimarrà aperta fino al 13 marzo 2016.

Vista il 9.1.2016

Emanuela Dal Pozzo

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