LELLA COSTA LEGGE ” IL PRANZO DI BABETTE” AL CAMPLOY DI VERONA

Teatro gremito il 21 gennaio al Camploy di Verona, per assistere all’interpretazione di “Il pranzo di Babette” con Lella Costa, quarto appuntamento della Rassegna l’Altro Teatro organizzata dal Comune di Verona in collaborazione con Arteven ( Circuito teatrale regionale).

La grande affluenza di pubblico era prevedibile, data la notorietà dell’attrice e del testo di Karen Blixen, diventato famoso grazie al film omonimo diretto da Gabriel Axel nel 1987.

Nulla di strano che i biglietti fossero stati già esauriti in prevendita e forse sarebbe stato opportuno, per questo appuntamento, collocare lo spettacolo in un teatro più capiente come già fatto per altri spettacoli della Rassegna

Peccato che Lella Costa fosse influenzata quella sera e certamente impossibilitata a dare il meglio di sé, come da ella stessa premesso a inizio spettacolo e non sappiamo se la scelta fatta, di fare comunque lo spettacolo, sia stata la scelta migliore perché non sappiamo se le sue condizioni di salute si sono anche riflesse sull’ impostazione dello spettacolo che l’ha vista in lettura del testo e seduta per tutto il tempo.

Teatralmente parlando già la lettura in sé riduce notevolmente le possibilità espressive: non solo gli occhi e il corpo stesso sono incatenati al leggìo, ma la mente concentrata sulla lettura non è libera di spaziare come vorrebbe; quando poi si è anche seduti significa delegare alla sola voce quella capacità evocativa che empaticamente trascina lo spettatore dentro il racconto.

Nella Costa ci è riuscita in pieno nell’incontro con Babette, catturandone il personaggio e delineando in pochi tratti anche colori e oggetti dell’ambiente, in un lavoro di approfondimento che si è colto, meno pregnante ed espressivo il racconto del resto che è rimasto nello sfondo: una bella lettura semplice e scarna poggiata principalmente sul ritmo e rispetto alla quale forse una voce più in forza avrebbe fatto la differenza.

Certamente apprezzabile lo sforzo visibile: un monologo di più di un’ora senza la minima tregua, la minima pausa, nemmeno la possibilità di bere dell’acqua, con qualche momento di difficoltà ben mascherato.

A fine spettacolo l’attrice si sofferma sul senso del testo: l’importanza della condivisione e viene spontaneo ricambiarla con un senso di gratitudine. Sarebbe bello ogni tanto farci accarezzare dalle storie, donarcele l’un l’altro per il semplice piacere di dare e ricevere, anche a noi adulti che sembriamo avere perso il fascino dello stupore infantile.

Emanuela Dal Pozzo

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