Diciamo subito che dovere di un teatro (specie di un Ente) dovrebbe essere quello di tutelare, sempre e comunque, gli artisti che vi lavorano prendendo le precauzioni del caso ed impedendo, qualora possibile, che uno di loro possa esercitare mettendo a rischio la propria salute. Sembra un paradosso ma tutto è possibile ormai e quello che è accaduto al Teatro Comunale di Bologna (l’abbandono del baritono Simone Piazzola a causa di un brusco aggravamento delle sue condizioni fisiche) in una delle repliche (26/01/2016) di “Attila” ne è stato la triste conferma. Non sono a conoscenza di minuziosi dettagli sulla faccenda ma sufficienti per poter affermare che si è trattato del classico caso in cui ognuno ha ragione e nessuno, come sempre, colpe, certo il fato gioca sempre la sua grossa parte ma di fatto un ‘cover’ regolarmente retribuito dovrebbe sempre essere presente in teatro e, se il generale odierno malcostume non lo contempla, occorrerà correre presto ai ripari per un discorso non tanto economico quanto prettamente etico, se mi si consente ancora l’uso del termine.
Detto questo veniamo allo spettacolo.
Daniele Abbado racchiude il dramma in una ‘scatola di ferro’ atta ad evidenziare e far emergere i caratteri ma, arricchendola di elementi che parlano evocativamente alla nostra sfera sensibile ma che poco hanno a che fare con il libretto, ne impoverisce di fatto la potenza . Esteticamente accattivante, il suo Attila vive dunque di forti ambiguità, complici i costumi che non definiscono, ritengo volutamente, una precisa epoca storica ed il dramma si dipana senza nette definizioni, quasi quaderno vuoto in cui ognuno di noi potrebbe, volendo, compilare un rigo. Un esito complessivo davvero poco convincente e che non lascia traccia alcuna nella pièce , limitandosi ad accompagnare l’azione con pochi movimenti scenici e concentrando tutta la sua potenza nella forza del bell’impatto scenografico di Gianni Carluccio, onestamente un po’ troppo poco dunque per uno spartito dall’altera quanto superficiale ferinità e immediatezza quale quello di “Attila”.
Scelto con cura il cast che si muoveva in palcoscenico, composto da quattro artisti tra i più noti ed attivi nel panorama internazionale.
Ildebrando D’Arcangelo , scenicamente perfetto nel ruolo del condottiero Unno, non accompagnava all’affascinante teatralità una prova musicale di ugual statura e non per mancanza di professionalità o rigore quanto piuttosto per una vocalità che , pur assai bella e misurata, con trovava nell’accento verdiano il suo abito migliore.
Maria Josè Siri , voce sempre molto particolare, teatralissima e ricca di armonici, ben tratteggiava il ruolo di Odabella trovando giusto accento e misura più sul versante eroico del personaggio che su quello patetico dove alcune volte il suono non risultava sempre perfettamente dominato. Nel complesso comunque un’ottima prova che la conferma artista di vaglia e professionista sicura per ogni teatro.
Fabio Sartori nel ruolo di Foresto confermava una vocalità lucente e solare che lo trovava vincente sull’ardua partitura, anche se nel passaggio il timbro sembrava a tratti cambiare colore e perdere la consueta rotondità ma, detto questo, resta uno delle voci più interessanti in circolazione oggi nei teatri di tutto il mondo per squillo sicuro, sapienza interpretativa e proiezione del suono.
Simone Piazzola, nonostante un grave problema di salute che lo costringeva ad abbandonare la recita nella scena III dell’Atto III, confermava una vocalità di tutto rispetto , una tecnica solida ed una professionalità coi fiocchi, espressa non semplicemente nell’aver tentato di portare a termine la recita, ma soprattutto nell’aver ‘cantato’ (pur con difficoltà) il suo ruolo non lesinando mezzevoci e pianissimi. Davvero un giovane e serio artista.
Completavano il cast Gianluca Floris (Uldino) e Antonio Di Matteo (Leone).
Il Maestro Michele Mariotti, cui è toccato in sorte la scelta (a mio parere giusta ) di terminare l’opera senza baritono, guidava in maniera solida l’Orchestra del Comunale dando una lettura della partitura raffinatissima (fraseggio) e minuziosa: completamente coeso con il suo gesto, il palcoscenico si muoveva dunque assai bene, anche se alcune rapidità eccessive in contrasto con bruschi ‘rallentando’, sfocavano, a tratti, la visione d’insieme.
Teatro Comunale gremito e pubblico caloroso di applausi, per quanto amareggiato per il triste accaduto che sarebbe certo stato meglio prevenire ma che speriamo possa servire come esperienza per il futuro.
Bologna, 26/01/2016
SILVIA CAMPANA