A CIVIDALE DEL FRIULI MITTELFEST 2016- 25.MA EDIZIONE: “TERRA! … E ALL’ORIZZONTE FUOCHI”. REPORT

EarthFireOccasione importante per rinsaldare il legame con il territorio che lo ospita, terra di suggestivi scorci naturali e di originale composizione linguistica e incontro tra i popoli” come cita la presentazione, il binomio terra-fuoco vorrebbe apparire centrale nel cartellone degli spettacoli dal 16 al 24 luglio del Mittelfest 2016, così come centrali vengono delineati tanto il recupero del territorio con le proprie tradizioni quanto uno sguardo allargato oltre frontiera. Un cartellone ideato dal direttore artistico Franco Calabretto, con la consulenza sul settore teatro di Rita Maffei, per CSS-Teatro Stabile d’Innovazione e di Roberto Piaggio sul settore Teatro di Figura, che nelle scelte ha dimostrato di essere competente in materia.

Molte le presenze internazionali, tra le quali in ambito della danza con la Cina dal “Confucio” della China National Opera and Dance Drama Theatre a “Il rito della Primavera”con la Polonia per la regia Janusz Orlik che firma anche in parte le coreografie, o con “ Earth & Fire” in ambito musicale, coproduzione di Austria, Turchia, Kenia e Francia , in ambito teatrale “Birdie” del gruppo spagnolo Agrupation Senor Serrano, vincitore lo scorso anno del Leone d’Argento della Biennale di Venezia, solo per citarne alcune delle più rappresentative.

Particolarmente interessante ci è parso lo spazio dedicato al teatro di figura: dal “Pulcinella e Zampalesta nella terra dei fuochi” spettacolo di burattini tradizionali napoletani e calabresi di e con Gaspare Nasuto e Angelo Gallo, al “Circo di legno” della Repubblica Ceca, a “Il processo” produzione slovena, fino a “ Il ritorno di Irene” di Gigio Brunello e Gyula Molnar con Alberto De Bastiani, così come altrettanto interessante ci è parsa l’intenzione di toccare attraverso gli spettacoli tematiche di attualità: dal problema dei rifiuti tossici, ( Pulcinella e Zampalesta nella terra dei fuochi) a quello della guerra, ( Il ritorno di Irene ) a quello dell’evoluzione e della sopravvivenza ( Birdie), curiosamente più presenti nel teatro di figura che in altri linguaggi, ancora una volta testimonianza quest’ultimo di attenzione interattiva con l’attualità.

Non è frequente trovare il teatro di figura nei Festival teatrali o come in questo caso multimediali. A torto ce ne se dimentica, spesso considerato appendice del teatro di strada o, nella migliore delle ipotesi, vetrina a sé di festival specifici di solo teatro di figura.

Ringraziamo per questa sensibilità e lungimiranza, certamente complice la presenza nel territorio di una realtà storica e conosciuta quale quella dell’eredità Podrecca.

Oltre a questa nota il Festival ha presentato una carrellata interessante di proposte composite tra musica, teatro e danza, non omogenei però per spessore, alternando capisaldi culturali di tradizione, come “ Confucio” della China National Opera, a nuove sperimentazioni legittime ma non sempre convincenti, fino a produzioni create ad hoc coinvolgendo artisti del territorio friulano che è sembrata più scelta politica che artistica, scelta comprensibile sul piano della valorizzazione delle risorse locali ma non sempre vincente sul piano qualitativo, mentre l’aderenza al tema filo conduttore del Festival “terra-fuoco” ha portato a proposte di spettacolo di facile impatto e di immediata fruizione legata più alla sfera del sensibile, come nel caso dello spettacolo di danza “Feminine flame”, che ci è sembrato più attento ai giochi di fuoco e all’abilità acrobatica degli interpreti che non ad una ricerca all’interno del linguaggio del corpo.

Una eterogeneità che siamo riusciti a seguire purtroppo solo parzialmente e che certamente ci avrebbe riservato piacevoli sorprese.

GLI SPETTACOLI VISTI

Le criticità di “Menocchio” e di “Sogno di una notte di mezza estate” e l’efficacia di “Pulcinella e Zampalesta nella terra dei fuochi”.

Carente c’è sembrato l’allestimento di “Menocchio”, opera in un prologo, cinque quadri ed un epilogo, da un’idea di Renato Miani liberamente ispirata a “Il formaggio e i vermi” di Carlo Ginzburg e a “Domenico Scandella detto Menocchio” di Andrea Del Col e “Sogno di una notte di mezza estate” realizzata con l‘Orchestra Spira Mirabilis, il Coro di voci bianche della scuola di musica di Fiesole e gli attori Claudia Gambino e Francesco Meola, spettacolo coprodotto da Città di Bassano, Operaestate Festival, Arte Sella, Spira Mirabilis e Mittelfest 2016, entrambe appositamente commissionate per il Mittelfest 2016.

Si potrebbe azzardare che il tentativo di assemblare diverse realtà artistiche in un progetto unico, senza una reale necessità o urgenza poetica alla base, abbia in entrambi i casi ottenuto un prodotto fruibile e di facile impatto solo ad uno sguardo superficiale, ma certamente insufficiente ad uno sguardo critico più esigente.

Più in particolare in Menocchio la storia viene ridotta all’osso e le scelte musicali, poco caratterizzate e con pochi cambi reali e che costringono i cantanti , tra canto e recitato, ad impervie scale non sempre ben padroneggiate, non riescono a far lievitare questa vicenda vera che narra le vicissitudini di Domenico Scandella vissuto in terra friulana, processato per eresia e rinchiuso nelle carceri vescovili di Concordia nel 1599: occasione persa per un argomento come il rapporto tra eresia e Santa Inquisizione che avrebbe meritato approfondimenti interpretativi, tematici e scenografici di maggior pregnanza scenica.

E’ però altrettanto vero che oggi la complessità sembra essere un lusso per pochi e non si può escludere che il ritagliare al minimo scena, personaggi e concatenazione logica dei fatti, enfatizzando l’ovvietà anche attraverso simboli di presa immediata come l’enorme teschio sospeso sulla scena, non paghi poi in termini commerciali con l’apprezzamento dell’operazione ( più che dell’opera), appetibile perchè facilmente leggibile ed epurata da concettualizzazioni o successive riflessioni: una storiellina che qualcuno ha commentato assomigliare ad un fumetto. Come a dire che il rimanere in superficie accontenta tutti e non dà adito a discussioni culturali più formative e più scomode.

Sogno di una notte di mezza estateDecisamente più deludente, soprattutto sotto il profilo del linguaggio teatrale, il “Sogno di una notte di mezza estate”, musica di Felix Mendelssohn Bartholdy, presentata in calendario come evento musicale, anche se la presenza attoriale è stata così importante e continuativa, (e anche pretenziosa) da potere essere anche individuabile come performance teatrale. Una performance poco convincente sotto il profilo della padronanza tecnica, rivolta incomprensibilmente ad un pubblico infantile ( e con tutti gli stereotipi conseguenti che derivano dai pregiudizi di ciò che dovrebbe essere il teatro ragazzi) e che ha utilizzato allo stesso modo i bambini in scena, facendone macchiette più che protagonisti.

Il problema più grave, secondo il mio modesto parere, ( il “grave” non è riferito a questo allestimento ma alla lettura interpretativa, anche qui presente, che spesso sottosta al testo shakespeariano) è che l’ironia ludica che traspare dal testo originario e che trae vigore dall’accostamento di atmosfere, stati d’animo, improvvisi suggerimenti della natura “parlante”, foriera di magia e di riflessione, diventa spesso, per maggiore facilità interpretativa e mancanza di volontà di andare oltre la superficie, puro gioco privo di contenuti. Una volta azzerati atmosfere, contesto e motivazioni sottese, in pratica tutti i temi shakespeariani contenuti nella favola tutt’altro che ameni ( il rapporto tra sogno e realtà, la concezione di un amore disincantato sospeso tra malattia ed illusione…) la piece si appiattisce per cadere in banalità. Si entra cioè in quel teatro descrittivo e “finto” incapace di veicolare contenuti ed emozioni.

Positivi il tentativo di utilizzo di oggetti simbolo in scena, come le vesti al posto degli attori ,e quello di risolvere i cambi scena con dettagli efficaci, anche se l’ utilizzo approssimativo della scena e degli oggetti hanno dato l’impressione di un allestimento più amatoriale che professionista.

Anche l’accompagnamento musicale di Spira Mirabilis, noto per essere un’orchestra autodiretta, non ha convinto del tutto, forse per un’interpretazione troppo sottolineata in funzione del recitato, ma soprattutto per l’assenza di sfumature a vantaggio di un’abbondanza di accenti, tesi a sottolineare le azioni sceniche e più attenta all’omogeneità orchestrale che alla sottolineatura delle diversità strumentali, delle pause e dei chiari e forti che avrebbero dato maggior respiro e un maggiore spettro di sfumature espressive, mentre di centrata piacevolezza si è distinto il Coro di voci bianche della scuola di musica di Fiesole.PulcinellaZampalesta

Efficace al conrario e di un livello tecnico non così comune, spassoso, empatico e intelligente, “Pulcinella e Zampalesta nella terra dei fuochi”, spettacolo di burattini tradizionali napoletani e calabresi di e con Gaspare Nasuto e Angelo Gallo, peraltro compagnia già nota tra gli addetti ai lavori, che in questo caso unisce la tradizione, con l’utilizzo di Pulcinella, antica maschera caratteristica di Napoli e quella più recente calabrese di Zampalesta, con la realtà dell’oggi: il redditizio mercato dei rifiuti tossici nella terra dei fuochi, una vicenda di attualità che, spiegheranno i due burattinai anche costruttori dei propri personaggi, irradiarsi a macchia d’olio anche in altre regioni italiane e non.

Il tema è trattato con leggerezza e con quell’ironia tipica napoletana che tende a sdrammatizzare anche gli eventi più inquietanti, ma allo stesso tempo spiega con un linguaggio comprensibile a tutti, anche ai bambini, cosa sta succedendo realmente, recuperando così la vera matrice del teatro di figura, non certo nato per intrattenere i bambini.

ALCUNE OSSERVAZIONI

Ci sono da sottolineare un paio di cose che ci sono sembrate degne di nota.

La prima riguarda la curata organizzazione complessiva del festival, facilitata dalla vicinanza dei luoghi degli eventi, raggiungibili a piedi in pochi minuti, tutti centrali nella città e che ha visto una buona e ordinata affluenza di spettatori.

La seconda invece è una nota sgradevole che abbiamo già avuto modo di sottolineare in relazione ad un teatro di Roma: un “obolo di cortesia” richiesto all’ingresso ai giornalisti e critici. E’ evidente che l’obolo è simbolico e corrisponde, mi hanno risposto, alla tassa SIAE del biglietto, ma i giornalisti e i critici non sono “ amici” o “ conoscenti” cui si regala il biglietto, sono operatori che lavorano in ambito teatrale, il cui lavoro diventa servizio gratuito per il Festival stesso. Per la stessa ragione noi critici veniamo spesso invitati ( e spesati) ai diversi festival nazionali, nella consapevolezza, mi auguro, che il nostro contributo possa servire non solo per l’informazione pubblica e la sua pubblicizzazione ma anche per le note critiche che dovrebbero servire a migliorare o a correggere il tiro dei festival, affinchè eventuali criticità siano superate,o più semplicemente essere stimolo di riflessione ,da parte di un occhio allenato esterno, per quanti si occupano di teatro e di spettacolo oggi.

Ovviamente posso parlare a nome del mio giornale, giornale indipendente, non soggetto a pressioni di alcun tipo, che non scambia l’ospitalità offerta ( ma non in questo caso) ,come tentativo di corruzione al fine di manipolare il giudizio e che accetta il rischio di non essere più gradito, e quindi più invitato, qualora le critiche espresse non fossero bene accette.

Emanuela Dal Pozzo

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