Si è chiuso il Mittelfest, 25 edizione, a Cividale del Friuli, e chiusa anche la sezione Danza senza lode né infamia. 5 le opere viste tra cui anche il balletto dell’Opera di Pechino.
Inizio perplesso della sezione danza con Feminine Flame su idea di Amelia Bucalo Triglia per il Teatro del Fuoco rappresentazione di per sé non malaccio, ma che nulla aveva a che fare con la danza e che ha risentito, nonostante la bravura dei performers, dello spazio ristretto del palcoscenico che ne ha compresso la tensione verso spazi più ampi: rappresentazione di ascendenza barocca, in cui l’arte dello stupire prevale sul filo del racconto, eliminandolo completamente, e riducendo la fruizione di ciò che viene rappresentato ad immagini meravigliose senza nessuno scopo logico, se non quello di mettere in evidenza la bravura dei ginnasti/acrobati accompagnati da un fuoco addomesticato. La vittoria del lazzo sulla commedia, del gesto e dell’apparire sul senso e sull’essere.
Ed anche il secondo spettacolo, Le Sacre du Printemps, musica di Igor Stravinsky, ha lasciato perplessi presentando la coreografia del ballerino polacco Janusz Orlik : rilettura del rito della primavera di Stravisnsky in chiave personale ed individualistica, in cui ha eliminato il rito stesso collettivo , che porta al sacrificio finale della vergine, lasciando in sospeso il senso, la speranza, il desiderio di questo sacrificio funzionale ad una nuova nascita, ad una nuova vita. Interpretazione che ben ha messo in evidenza, con i movimenti dei ballerini, 3, maschi, che mai si sono neppure sfiorati, e che hanno seguito ciascuno una propria linea, spesso in distonia con quella dell’altro , singola, che mai si è incontrata e che, secondo un ciclo altrettanto distonico, si richiudeva in se, sterile. Emblematica rappresentazione della volontà di non comunicare, forse impossibilità, confusione, dell’essere umano civile contemporaneo che ha rifiutato, dimenticato, la storia, forse giudicandola arrogantemente inutile.
All’opposto l’opera “Confucio” del teatro-danza della China National Opera and Dance Drama Theatre, era comunicazione, volontà di esprimere, raccontare e soprattutto di farsi capire : un trionfo. Splendidi i costumi, e le stoffe anch’essi attori nella rappresentazione scenica della storia di Confucio. Bravissimi i ballerini e splendida la coreografia anche in virtù di un sotteso studio profondo e critico della storia della danza e della rappresentazione ballata sia occidentale , caratterizzata dalla dinamica dei movimenti, sia di quella orientale caratterizzata dalla profonda e simbolica significazione di ogni parte del corpo. Studio approfondito che ha portato ad una interessante ed intelligente rivisitazione della danza e del danzatore.
Il quarto spettacolo EARTH & FIRE Earth & Fire due coreografie, Anuang’a e Ziya Azazi danzano Traditional Future e Ember ha avuto come filo conduttore la storia tribale, i riti e paradossalmente ha sciolto quella tensione al sacrificio lasciata sottesa, anzi negata, nello spettacolo di Janusz Orlik, e invece prevista, anzi preparata dalla musica di Stravinsky che vedeva in quel sacrifico il culmine dell’opera. Diviso in due parti, nella prima è stata proposta una lettura affascinante dei riti dervischi di Ziya Azazi, uno studioso della tradizione Sufi. Mentre gli strumenti iniziano a suonare viene deposta la sopravveste nera, simbolo del basso e oscuro mondo in cui l’anima è prigioniera e inizia la rotazione su se stessi, senza posa, la mano destra aperta verso il cielo, simbolo della coppa del cuore che accoglie la grazia divina, la sinistra invece sorgente della vita è aperta verso la terra e comunica il divino influsso al mondo corruttibile di noi mortali. E la fine è quel sacrificio fine/rinascita forse speranza, forse il nulla.
Nella seconda parte dello spettacolo forse la risposta alla domanda inquietante lanciata dal sacrificio sufi: l’ha proposta Anuang’a, danzatore e coreografo con Traditional Future, in cui l’antica gestualità generata da una memoria ancestrale africana dei Masai si è evoluta ed innestata nella modernità nella ricerca e nella proposta di liberare quell’energia profonda e liberatoria che forse, unica, può proporre soluzioni da un mondo senza più storia : è attraverso la storia individuale e collettiva che esiste un senso , una possibilità di salvezza e di speranza del futuro.
L’ultima proposta “ Le quattro stagioni di Antonio Vivaldi” , riscrittura di Max Richter, ideazione e coreografia Roberto Cocconi e Marta Bevilacqua, produzione Arearea, è stata rappresentata nella cornice splendida del parco del convitto Paolo Diacono, sempre a Cividale del Friuli.
Il balletto, suddiviso in due giornate, ha finalmente convinto tutti: affascinante e coinvolgente la lettura delle Quattro stagioni di Vivaldi, rilette musicalmente in modo ironico, ma molto corretto, da Max Richter, e interpretate in modo magistrale e divertente dal gruppo Arearea che l’ha presentato in prima nazionale.
Bel gruppo di ballerini, bello spettacolo godibile che riesce a coniugare la tradizione e la storia del balletto classico con la tradizione e storia del balletto moderno e contemporaneo, sulla scia di Lindsay Kemp, secondo moduli originali, attenti non solo allo studio del corpo e dei movimenti inseriti nella musica, ma anche alla società, al mondo in cui viviamo. Bravi.
Lucia Fano