A diciotto anni di distanza dalla mostra di Venezia (era il 1998), ritornano in Italia i sempre affascinanti (anche se non più così misteriosi, da quando la loro scrittura è stata decifrata) Maya. Popolazione tutt’ora esistente che tra il 2000 a.C. e il 1542 d.C. sviluppò una civiltà dalle straordinarie conoscenze matematiche e astronomiche (conoscevano e sapevano calcolare, tra l’altro, la precessione degli equinozi), raffinati sistemi calendari ali (il loro calendario era lunare e l’anno contava 13 mesi) e imponenti realizzazioni archittettoniche e urbanistiche (Chichen Itza, complesso archeologico a nord della penisola dello Yucatan, nel 2007 è stato inserito tra le sette meraviglie del mondo moderno, quale migliore esempio di una tipica tipologia urbanistica del Periodo Postclassico), oltre a una splendida produzione artistica.
Rinunciando alla monumentale spettacolarità della mostra veneziana, l’esposizione del Governo della Repubblica Messicana a Verona, “Maya-il linguaggio della bellezza”, a cura di Karina Romero Blanco, promossa dalla Pubblica Amministrazione scaligera con il supporto di Amo (Arena Museo Opera) e il sostegno di Fondazione Antonveneta, attraverso circa 250 pezzi di piccole e medie dimensioni, provenienti dai musei messicani e vari siti, offre una panoramica storico-artistica, oltre che archeologica, della millenaria epopea maya, individuando, anche grazie alla decifrazione della scrittura, maestri, scuole e stili dei tre grandi periodi – preclassico, classico e postclassico – del suo sviluppo.
Emblematica la scultura del “Portastendardi”, risalente all’ XI secolo d.C., opera di un maestro di Chichen Itza; come pure la “Testa” raffigurante Pakal il Grande (603-683 d.C.), mitizzato re di Palenque (oggi il più importante sito archeologico maya nello stato messicano di Chiapas); e l’ “Adolescente di Cumpich”, imponente scultura del periodo tardo classico, ritrovato nell’omonimo sito; oltre alla “Maschera a mosaico di giada raffigurante un re divinizzato”, tipico esempio di maschera funeraria.
Ma il mondo maya si racconta anche attraverso utensili della vita quotidiana: monili, strumenti musicali, vasi e urne funerarie; incensieri, decori architettonici. Tutti di pregevole fattura, del pari dei raffinati e complessi simboli del potere. E, ancora, mappe, stele e testi, finalmente leggibili con i loro segreti svelati.
Le sezioni tematiche sono quattro.
In un mondo in cui, come evidenzia il sottotitolo della mostra, la bellezza aveva un ruolo preminente, non stupisce che si ornasse il corpo con interventi temporanei o permanenti, come “body painting”, elaborate pettinature, tatuaggi e, persino, decorazioni dentali. Gli abiti e gli ornamenti, inoltre, erano fondamentali anche per indicare lo stato sociale.
Ecco, dunque, i primi due segmenti dell’esposizione dedicati a “Il corpo come tela “ e “Il corpo rivestito”, con obiettivo puntato sia sulla quotidianità sia sulle festività importanti. Tra le pratiche di intervento estetico, c’erano la scarificazione del viso, la modifica della forma della testa, lo strabismo intenzionale e le forature per gli ornamenti a orecchie, naso e labbra. L’abbigliamento poteva essere usato, addirittura, per esprimere lo stato d’animo.
La terza sezione, “La controparte animale”, testimonia l’importanza degli animali nell’universo religioso maya. Simboli e incarnazioni di energie divine e naturali, avevano una controparte soprannaturale e, quindi, venivano considerati sacri. Proteggevano stirpi e rappresentavano l’alter ego dei singoli. In particolare si credeva che i governanti potessero, durante la notte, lasciare il corpo e, assumendo un aspetto animale, spostarsi in modo indipendente.
La quarta sezione, “I corpi delle divinità”, racconta il complicato pantheon maya, dove gli opposti si integrano – maschile/femminile, uomini/animali, giovani/vecchi, forze creative/forze distruttive — proprio come in natura, alla quale si ispirano e simbolicamente intendono rappresentare.
Franca Barbuggiani
“Maya-il linguaggio della bellezza”
Palazzo della Gran Guardia – Verona
orari: dal lunedì alla domenica 9.30-19.30
biglietti: da 14 a 3 €
info e prenotazioni: www.mayaverona.it, tel. 045 853221
fino al 5 marzo 2017