Marco Paolini ha deciso di iniziare un nuovo “Album”, con personaggi nuovi e nuovi temi di attualità; con squarci aperti su un futuro possibile alla luce dei mutamenti avvenuti nella nostra vita, artefice soprattutto una tecnologia sempre più pervasiva.
L’opera, in elaborazione, ha i testi dello stesso Marco Paolini e di Gianfranco Bettin, scritti a quattro mani. Con il titolo “Studio per un nuovo album. Numero Primo”, è stata presentata a Verona al Teatro Nuovo in replica dal 13 al 18 dicembre 2016 , quale secondo spettacolo del “Grande Teatro”, la rassegna di prosa organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune scaligero. La messa in scena va intesa come primo nucleo di una sorta di “work in progress”, fino a prendere forma compiuta e divenire un autentico spettacolo, che sarà il primo della trilogia che costituirà il nuovo “Album”. Così spiega la nota proiettata sullo schermo al fondo del palcoscenico, che costituisce anche l’unico elemento scenografico insieme con una sedia sulla quale Paolini, attore e regista, alternativamente si siede nelle varie fasi della narrazione.
Per il momento, il lavoro si presenta come un lungo monologo dal ritmo lento e dal racconto farraginoso. I temi trattati sono di stretta attualità – migranti, integrazione… — proiettati in una fantascientifica futuribilità. Come sottolinea lo stesso autore nella lunga introduzione alle successive riflessioni — quasi in libertà — soprattutto sui risvolti possibili della tecnologia nella vita dell’uomo di oggi. Risvolti alquanto inquietanti. Dove gli oggetti, come per esempio i cellulari, divengono “sapiens”, e i bambini si manipolano intervenendo sul DNA come sulle componenti di qualche robot.
Il pubblico, numeroso di fan del simpatico e popolare artista veneto, segue la performance, che dura intorno alle due ore senza intervallo, con una certa fatica, esprimendo, mentre esce, le proprie perplessità. Applausi, comunque, incondizionati alla simpatia e all’indubbio carisma di Marco Paolini, che appassionatamente decide di rimettersi in gioco.
Franca Barbuggiani