IL FALSTAFF AL TEATRO CARLO FELICE DI GENOVA. RECENSIONE.

falstaffUna scena perennemente spoglia, delimitata da tre teli appesi e appena logorati dal tempo che determinano uno spazio scenico in cui si riconoscono pochi elementi (un lettone perennemente sfatto, un divano, una poltrona, un paravento) ed in cui si muovono poche macchine meccaniche che sembrano contrapporre due mondi in guerra continua, inquadra l’allestimento di questo “Falstaff” che Luca Ronconi creò per il Teatro Petruzzelli di Bari nel 2013 (terza sua produzione di questo titolo dopo Salisburgo e Firenze) e che viene qui riproposto dal Teatro Carlo Felice di Genova.

Uno spazio della memoria in cui sono i personaggi, su tutti il protagonista, a dettare le regole del gioco. Dunque nessun lazzo di sapore buffonesco, nessuna derisione o caricatura per Sir John che nasce e resta un uomo di corte, sebben decaduto ed abbruttito dall’alcol. Un uomo amato per il suo modo di essere e per la sua peculiare e tronfia sornioneria che lo porta a vivere alla sua maniera in un mondo di ‘parvenu’, che è comunque un piacere frequentare e con il quale due giovani donne accettano di civettare, seppur per burla. IMG-20170114-WA0005-800

Il gioco scenico infatti ruota e si impernia intorno a lui ed al suo letto, in cui i rami della quercia di Herne penetreranno ridestando incubi e sogni, senza mai scadere nel volgare o nello scontato ma mantenendo sempre verve e brillantezza.

L’azione è ambientata in un vago fine ‘800 dove ci sembra di riconoscere Verdi e Boito nelle figure di Ford e Falstaff e dove la partitura sembra magicamente fondersi e riemergere, sapientemente interpretata da un lavoro registico dove ogni singolo gesto o movimento in scena crea una particolare significante ed una precisa chiave interpretativa, giusta dunque l’idea di riproporla ed in un momento in cui spesso per inseguire una regia si perde di vista il teatro. Luca Ronconi qui fa teatro col nulla, usando la partitura e la sua intuizione per comunicare tutta la leggerezza e la profonda intensità dalla quale la stessa è sapientemente intrisa.

Attentamente dosato il cast in palcoscenico.

4-2-e1485764758947Carlos Alvarez, al suo debutto nel ruolo, sembrava perfettamente in sintonia con lo spartito e con la sua espressione in palcoscenico, regalandoci un personaggio che la bella vocalità rotonda e piena in tutta la tessitura e completamente al servizio della parola scenica, che qui Verdi porta ad esiti espressivi dalle infinite sfumature, tratteggiava con sapiente misura e giusta teatralità. Il suo Falstaff dunque risultava fiero e dignitoso così come distinto e raffinato (forse anche all’eccesso) e convinceva seducendoci senza indurci alla risata ma increspandoci il viso con la virgola di un sorriso dolce e consapevole; credo che anche questo (anche se non solo) sia Falstaff, cantato, meditato e giustamente interiorizzato (inizio Atto III) ed è stato un piacere ritrovarne i caratteri dopo decenni di buffonesche ciarlonerie ed esagerate epe rigonfie e nasi vermigli.

Suo perfetto contraltare il raffinato Ford delineato da Alessandro Luongo con una vocalità precisa, tecnicamente corretta e musicalmente equilibrata.110 falstaff

Corrette Rocio Ignacio nel ruolo di Alice e Leonore Bonilla nel ruolo di Nannetta che eseguivano professionalmente il loro ruolo senza però discostarsi da una certa opacità di toni ed intenzioni.

Senza smalto la Meg di Manuela Custer ed il Fenton di Pietro Adaini mentre Barbara Di Castri appariva completamente fuori parte, per vocalità ed espressività, nel centrale ruolo di Quickly.

Buoni invece nei rispettivi ruoli Cristiano Olivieri (Dott. Cajus), Marcello Nardis (Bardolfo) e Luciano Leoni (Pistola).

Pur non riuscendo nell’intento di esprimere tutte le raffinatezze di fraseggio che contraddistinguono il capolavoro verdiano, il M°Andrea Battistoni mostrava ottima sintonia con l’Orchestra del Carlo Felice creando una concertazione, se non particolarmente raffinata, certo efficace e teatralmente convincente.

Una sala, purtroppo non gremitissima, salutava questa bella produzione che il pubblico, coinvolto ed entusiasta, mostrava di gradire salutando artisti e Direttore con ripetuti applausi e chiamate.

Genova, 29/01/2017

Silvia Campana

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