Una bella sfida quella di Debora Virello, in scena al Teatro Litta di Milano dal 31 gennaio al 5 febbraio con lo spettacolo “Dame oscure- una storia gotica”, tesa a “catturare l’animo femminile” che emerge dal vivido ricordo dei personaggi più emblematici del mondo della letteratura. Impresa teatralmente non facile e da subito dichiarata impossibile a quanti pensano che possa risolversi in un elenco di caratteristiche riconoscibili comuni. Gli stati d’animo, più simili a moti intraducibili, sibillini percorsi della mente, manterranno sempre un tono misterioso, sfuggente ed affascinante, a racchiudere l’universo femminile in un mondo a se stante, incomunicabile. “ Mi rimane solo l’oblio o la morte” dichiarerà infine l’attrice, nel dare voce ai fantasmi delle donne che interpreta.
Lo spettacolo si muove all’interno di uno spettro di luci ed ombre, in un viaggio della coscienza, piuttosto che risultato di attraversamento di spazi e luoghi e non diventa nemmeno importante “leggere” quali siano i riferimenti letterari, eroine e autori, cui la piece si riferisce. L’essenziale è già dichiarato nella predisposizione scenografica: la gabbia/stanza nella quale l’attrice si trova, con accanto l’unico oggetto prezioso: una macchina da scrivere e sul pavimento fogli sparsi già scritti, forse importanti forse no, tracce/documento del percorso a ritroso che l’attrice compie in cerca di quel nucleo misterioso e eternamente sfuggevole che determina le proprie incomprensibili e spiazzanti scelte. Neppure l’amore sembra essere la formula salvifica capace di riportarla dal buio alla luce, dalla follia alla realtà, di rompere la gabbia nella quale si trova inconsapevolmente prigioniera; al contrario la consapevolezza della recisione di quell’ultimo legame con l’uomo che l’ama e che la vorrebbe “salvare” chiude per sempre ogni speranza.
Una bella sfida attoriale per questo testo scritto ed interpretato da Debora Virello: un testo che si svolge sinuoso, più ricco di sfumature che di cambi netti, che quindi “costringe” a cambi d’effetto poggiati su ritmo e vocalità che l’attrice dimostra di padroneggiare e su scelte di regia di suoni e di luce di Pietro De Pascalis e Debora Virello .
Vivi apprezzamenti da parte del numeroso pubblico ma anche qualche perplessità, probabilmente dovuti a un testo cupo, drammaticamente introspettivo, che non lascia spazio a vie di fuga.
Visto il 5 febbraio 2016
Emanuela Dal Pozzo