“STASERA SONO IN VENA” ALLO STABILE DI BOLZANO

oscar de summaLo spettacolo pluripremiato “ Stasera sono in vena” , prodotto da La Corte Ospitale, di e con Oscar De Summa allo Stabile di Bolzano in scena l’11 febbraio 2016, secondo appuntamento riscuote alla fine applausi e consensi quasi unanimi: qualcuno tra il pubblico non è convinto me compresa, nonostante le recensioni ricche di elogi con cui viene accompagnato.

Perplessità in ordine ai premi vinti più che allo spettacolo in sé, che si dipana in modo sciolto con padronanza tecnica e qualche punta di creatività originale nell’intreccio tra vocalità e ritmo, accompagnato dalle canzoni del periodo, ma in cui l’attore rimane scenicamente fermo per tutta la sua durata, peraltro seduto senza mai un cambio di postura o un utilizzo dello spazio scenico, a raccontarci uno spaccato di vita che non sempre riesce a sedurre. Qualche cedimento d’attenzione c’è.

C’è da aggiungere che, anche in ordine ai contenuti, centrati sul racconto in prima persona di un’esperienza di tossicodipendenza in puglia, terra d’origine dell’attore, il racconto si mantiene sempre su un piano privato e leggero per buona parte della sua durata, tanto da sembrare per buona parte uno spettacolo d’intrattenimento, non fosse il tema dell’eroina con le sue drammatiche conseguenze nella seconda parte del racconto. Nè il racconto sembra essere un coraggioso atto di denuncia, con cognomi , luoghi e centri di potere coinvolti, o un’analisi un po’ più approfondita o documentata capace di andare oltre la mera esperienza personale, o un monito contro la droga in sé, al contrario le “canne” sembrano essere motivo fondato di attrazione, né un affresco approfondito della puglia, che emerge qua e là con simpatiche note di colore: le distese di ulivi centenari e le vecchiette che recitano il rosario.

Il tutto sembra svolgersi in superficie, in ordine ai contenuti, seppur in modo accattivante e con un linguaggio immediato di facile impatto, perchè di dipendenza di droga, con tutte le problematicità che conosciamo, di impossibilità di smettere, della schiavitù che questo comporta, dei rischi reali di morte, di carcere, di intrecci con la malavita, di cui si parla nella seconda parte drammatica del racconto, già sappiamo.

Rimane un racconto in forma privata, probabilmente autobiografico, ben condotto sul piano attoriale, ricco di musica e musicalità, con la giusta alternanza di scene divertenti, intime e drammatiche: un racconto come tanti ben confezionato, poggiato sulla bravura personale attoriale.

A fine spettacolo penso se la presenza fisica dell’attore sia così necessaria. Probabilmente la tv o addirittura la radio nulla toglierebbe all’effetto del racconto, tutto giocato sulla voce e sul ritmo.

Emanuela Dal Pozzo

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