SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE AL TEATRO ROMANO DI VERONA. RECENSIONE.

bruno_light-1Dopo il “Riccardo II”, l’Estate Teatrale Veronese 2017 ha concluso il 69° Festival Shakespeariano con una scoppiettante e gioiosa edizione del “Sogno di una notte di mezza estate”, pure data in prima nazionale, prodotta in collaborazione con l’Estate Veronese da Francesco Bellomo-L’isola trovata”, regia di Massimiliano Bruno. Nella proposta di Bruno (adattamento dello stesso Bruno e Francesco Bellomo) il “Sogno”, lungi da implicazioni psicanalitiche, erotiche e metaforiche, e lungi pure da atmosfere idilliache e magiche, diviene sinonimo di mero gioco. Un divertente gioco teatrale, eclettico e moderno, nel quale il notturno e il magico si declinano con la commedia degli equivoci, il circo, la giocoleria, il musical e il varietà; il meta teatro con la farsa, la parodia, la caricatura e il “pastiche” linguistico; pur restando sostanzialmente fedele allo spirito shakespeariano nella sua componente ludica, che prende decisamente il sopravvento. Complici i fantasiosi e policromi costumi di Carlo De Martino, autore anche del rutilante apparato scenotecnico; le luci pirotecniche e psichedeliche di Marco Palmieri; le divertenti musiche – un po’ pop, un po’ rap, un po’ con sonorità computerizzate – di Roberto Procaccini. Ma soprattutto grazie all’ottimo contributo dei bravi attori-ballerini-cantanti-strumentisti, affiatati e ben calati nei rispettivi ruoli, rivisti con occhi inediti e seriamente – ma leggiadramente – impegnati anche sul fronte della parola. Spassosi i garbugli linguistici di Bottom, uno Stefano Fresi dalla ingombrante — ma agile — stazza XL, gradevole chitarrista e cantante, alla testa di una sgangherata compagnia di artigiani (Maurizio Lops, Rosario Petix, Dario Tacconelli, Giuseppe Ragone) che parla una sorta di italico maccheronico infarcito di anglismi e storpiature di dialetti nostrani. Non meno spassosa, con le sue “s” mosce, la Fior di Pisello di Annalisa Aglioti, trasformata in una simpatica baby fata un po’ svampita. Ama il francese Oberon, un elegante Giorgio Pasotti, più interessato al paggetto indiano conteso che non alla bella Titania, una ferina e aggressiva Violante Placido. Controcorrente è anche il Puck di Paolo Ruffini, pigro, lento, fannullone… ma dal cuore tanto romantico. Bene, inoltre, i giovani innamorati, in particolare Claudia Tosoni (Elena) e Federica De Benedittis (Ermia) nella spontaneità di accenti sentiti, privi di accademiche leziosità, condivisi con i partner Tiziano Scrocca (Lisandro) e Antonio Gargiulo (Demetrio). Uno spettacolo fresco e godibile, curato e ben armonizzato nella sue variegate componenti stilistiche e ispirative. Successo pieno, pienamente meritato.

Franca Barbuggiani

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