Esordio decisamente in minore, al Teatro Nuovo di Verona, per la rassegna del “Grande Teatro”, la stagione di prosa organizzata dal Comune scaligero e da Fondazione Atlantide–Teatro Nuovo di Verona, con Unicredit main partner. Non soltanto per la scelta del testo rappresentato, “Non ti pago”, di Eduardo De Filippo, del 1940, in scena dal 14 al 19 novembre 2017.
Certamente non una delle opere maggiori dell’autore e, pur nel suo perfetto meccanismo comico, a nostro avviso, ormai molto datata nelle battute e nelle situazioni non più così esilaranti per l’orecchio e la sensibilità di oggi, anche se parte del pubblico ride ancora. Senza nulla togliere al copione che, comunque, oltre la farsa, resta significativa testimonianza di una società e di un’epoca. Che fu. Nostalgicamente datata, con giusta coerenza potremmo dire, pure la regia dell’indimenticato Luca De Filippo che, nella sua ingenua freschezza, riflette fedelmente quei modi teatrali e quella tradizione, che noi abbiamo percepita tanto retrò.
La recitazione rimane costantemente sopra le righe, con ritmo incalzante e gestualità tipicamente partenopea, fino al parossismo che si fa parodia. I personaggi virano al macchiettismo, che culmina nella resa dell’Avvocato di Giovanni Allocca; oppure si banalizzano, come avviene per il Ferdinando di Gianfelice Imparato; passando per le varie sfumature intermedie negli altri ruoli. Eccezione, la brava Carolina Rosi, quando riesce a controllare con giusta misura, nel colorito carosello dei colleghi, la sua Concetta, moglie di Ferdinando.
Le scene di Gianmaurizio Fercioni, i costumi di Silvia Polidori e le luci di Stefano Stacchini giustamente ammiccano agli anni ’40, mentre le musiche di Nicola Piovani, memori di Nino Rota, sottolineano il tutto con pertinente atmosfera delicatamente circense.
Al termine dello spettacolo, che è prodotto con evidente devozione e amore da Elledieffe-La Compagnia di teatro di Luca De Filippo, e che ha ricevuto gli applausi generosi del pubblico del Nuovo, noi siamo usciti sull’onda delle nostalgiche memorie, mai sopite in cuore, dei primi approcci con il teatro, fatto e fruito, tanto tempo fa, in età adolescenziale, all’ombra del campanile.
Franca Barbuggiani