Inizio il 23 febbraio2018 di notevole spessore per la sezione danza de “L’altro teatro”, giunto alla XIV edizione, organizzato al Camploy di Verona dal Settore Cultura della locale Amministrazione Comunale, insieme con Arteven, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, ed Ersilia Cooperativa.
Scelta per l’occasione la pregevole “Giulietta e Romeo” coreografata da Fabio Monteverde per il Balletto di Roma nel 1989 su musica di Prokofiev. Ripresa negli Anni Duemila, questa “Giulietta e Romeo” (che vede nel titolo il nome dell’eroina precedere quello del suo compagno, come è l’uso italiano) trovò nuovo allestimento nel 2017, assumendo la veste attuale.
La storia si discosta da quella celeberrima di William Shakespeare — come del resto anche il Bardo l’aveva ripresa e riadattata da fonti precedenti.
Nella rilettura di Monteverde, le vicende si collocano in un’Italia del Sud, provinciale e turbolenta, reduce da una guerra (evocata dal muro diroccato sullo sfondo) e alle soglie di una rivoluzione. Si nota, inoltre, un insolito spazio riservato al ruolo delle madri Montecchi e Capuleti, fomentatrici di odio e di vendetta; un Romeo che si batte per alti ideali patrii; un finale — che ovviamente non riveleremo — pure alquanto insolito. Ancor più particolare è la figura di Giulietta, adolescente ribelle alla ricerca della propria emancipazione.
Lo stile è di eclettica ispirazione e coniuga armoniosamente solida matrice accademica (alcuni passaggi, addirittura, vengono eseguiti dalla protagonista in fluttuante tunichetta da ballo e indossando le canoniche scarpette da punta) e “moderna” libertà di gesto e di passo; dove peraltro il piede libero non rinuncia alla memoria seduttiva della punta, quando non si incapsula in moderne calzature dai puntuti tacchi a spillo. Si genera, così, un “continuum” di morbidezza e vigore, originalità e memorie. In esso si innervano inoltre intense note di teatro danza e suggestioni filmiche neorealiste; mentre la maestria ginnica, che coinvolge la grigia parete sul fondo, scindibile e armata di pioli/pugnali estraibili all’occorrenza, sublima la leggerezza dello slancio antigravitazionale in palpitante anelito di libertà.
L’essenziale apparato scenotecnico, oltre allo scheletro/prigione del letto matrimoniale cui Giulietta è forzatamente destinata, include la nota contrastante — di dirompente realismo e di forte simbolismo — della sedia a rotelle dalla quale la fanciulla, così “diversa” rispetto ai consolidati cliché imposti da famiglia, società e religione, tenta con tutte le sue forze di liberarsi.
I costumi sono contemporanei, prevalentemente di formale eleganza borghese.
Le luci, talora inquietanti e antinaturalistiche, contribuiscono non poco a conferire alla narrazione – tra fresca incoscienza di amori adolescenziali e oppressiva ipocrisia di adulti violenti e calcolatori – la valenza paradigmatica del mito senza tempo.
Vivo l’apprezzamento del pubblico, che ha a lungo applaudito lo spettacolo e la compagnia.
Franca Barbuggiani