L’EDIZIONE ORIGINARIA DI “PETIT MESSE SOLENNELLE” DI ROSSINI AL FILARMONICO DI VERONA

In occasione del centocinquantesimo della scomparsa, Gioachino Rossini è stato ricordato (il 19 maggio) da Fondazione Arena di Verona con l’edizione originaria della “Petite messe Solennelle” per Soli, Coro, due pianoforti e harmonium, composta nel 1863 per una circostanza privata e salottiera in casa del conte Pillet-Will a Parigi, dove venne eseguita il 14 marzo 1864 di fronte a un ristretto gruppo di invitati.

Ciò spiega la concezione strutturale della pagina, basata su un limitato organico strumentale (la versione con orchestra è posteriore, e sarà eseguita postuma il 24 febbraio 1869 al Théâtre Italien di Parigi) e corale (previsti soltanto 8 coristi). Realizzando, a conclusione di quelli che il musicista definì i suoi “péchés de vieillesse”, un piccolo grande capolavoro di asciutta bellezza, ispirato da fede profonda ed espresso in uno stile alieno da enfasi e magniloquenza romantiche, giocato su finezze timbriche e combinante forme diverse, arcaiche e nuove, già proiettato verso orizzonti a venire. Una pagina non di frequente esecuzione e, quindi, anche per questo di interessante ascolto. L’edizione, che ha visto significativamente sul podio Vito Lombardi, preparatore del Coro dell’Arena di Verona, ha particolarmente valorizzato la componente vocale della composizione, specie quella corale, facendo del Coro della Fondazione l’ideale protagonista della serata; senza peraltro renderne invasiva la presenza, nonostante l’organico numericamente ben oltre quello originale.

Confermata la solida preparazione dello stesso, in un’offerta partecipe e puntuale mantenuta, senza forzature e con eleganza, entro volumi adeguatamente calibrati.

Tra i solisti, nel complesso affiatati e omogenei, da segnalare l’ottima intesa tra soprano (Francesca Tiburzi) e contralto (Alessia Nadin), il primo, in un’offerta di intimismo elegante e controllato, che ha avuto il suo punto di forza soprattutto nella zona medio-alta, il secondo, con accenti più pennellati di dramma in pregevole veste vocale, omogenea e timbrata.

Di classe, inoltre, la performance del basso Christian Senn.

Più modesta quella del tenore Leonardo Ferrando.

Alle tastiere, due apprezzati pianisti quali Edoardo Maria Strabbioli e Vittorio Bresciani, in un crescendo di coesione e sentire, con il suggello istituzionale del sovrintendente e direttore artistico di Fondazione Arena, Cecilia Gasdia, puntuale all’harmonium, che hanno dato gratuitamente il loro contributo quale omaggio all’affezionato pubblico del Filarmonico.

Applausi calorosissimi per tutti.

Franca Barbuggiani

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