Con una nuova edizione del “Don Giovanni” di Mozart, Fondazione Arena di Verona ha inaugurato (27 gennaio-1 febbraio) la stagione lirica al Teatro Filarmonico.
Firma la regia e le scene di questa produzione dell’ente lirico veronese Enrico Stinchelli, che ne caratterizza l’allestimento ideando un contenitore visivo virtuale (visual design Ezio Antonelli) di forte impatto, ispirato ad architetture classiche ed eleganti ambienti di verzura e a incisioni stile Piranesi, con ritratti delle “conquiste” di Don Giovanni impaginati come in una ideale quadreria e ritratti multipli dello stesso protagonista.
La regia evoca modi “di provocazione”, coinvolgenti la platea, e meta teatrali; questi ultimi rimandanti a precedenti nell’evoluzione del mito di Don Giovanni come il “Capriccio drammatico” di Giovanni Bertati musicato da Govanni Valentini. I costumi, invece, sono quelli di Maurizio Millenotti per il “Don Giovanni” areniano di Franco Zeffirelli (2012, 2015), ricchi e sontuosi, d’epoca: a ideale continuità con le produzioni anfiteatrali veronesi.
L’apporto di Stinchelli al mito di Don Giovanni (del quale evidenzia soprattutto il lato inquietante e surreale, con apice nel finale tutto fuoco, fiamme e… diavolesse, date le preferenze di genere del protagonista) sta nelle immagini conclusive, nelle quali Don Giovanni riappare dall’Aldilà, beffardo e irridente sugli altri personaggi della storia che cadono tutti morti, mentre lui tiene saldamente tra le mani i fili del burattinaio.
Renato Balsadonna legge con rigore e tempi accettabilmente veloci la partitura, restando però sostanzialmente estraneo allo spirito mozartiano, del quale non coglie, secondo noi, la leggerezza “giocosa” (poco incisiva, peraltro, anche la componente drammatica) optando per un tecnicismo orchestrale alquanto monotono, di mero supporto per le voci. Voci, nel nostro caso, di tutto rispetto, anche se al servizio di una caratterizzazione tendenzialmente iperrealistica.
Ragguardevole, comunque, l’apporto di Veronica Dzhioeva, quale Donna Elvira dal bel timbro brunito, irata e persecutiva, eppur irresistibilmente attratta da Don Giovanni.
Agile e sostanzialmente precisa la Donna Anna di Sylvia Schwartz, nonostante la dizione meno chiara e timbro non sempre lucente.
Andrea Mastroni è Don Giovanni dai tratti aristocratici e buona vocalità; di spessore, se pur poco “giocoso”, il Leporello di Biagio Pizzuti: entrambi poco convincenti nell’imitazione della voce l’uno dell’altro, quando avviene lo scambio dei vestiti. Fresca e maliziosamente ingenua la Zerlina di Barbara Massaro con il geloso e innamorato Masetto di Davide Giangregorio.
Bene il coro preparato da Vito Lombardi.
Applausi calorosi per tutti.
Franca Barbuggiani
Visto il 31 gennaio