DON CHISCIOTTE AL TEATRO NUOVO DI VERONA. RECENSIONE

Don Chisciotte1_© Gianmarco Chieregato_0844a_lightDon Chisciotte”, ovvero come restare fedeli ai propri sogni. Oltre la ragione e oltre l’oggettiva realtà. Questa la lettura data al celebre omonimo romanzo di Miguel De Cervantes Saavedra da Alessio Boni, protagonista (con Serra Yilmaz) e regista (con Roberto Aldorasi e Marcello Prayer) oltre che autore della drammaturgia (insieme con Roberto Aldorasi, Marcello Prayer e Francesco Niccolini) adattata da Francesco Niccolini per lo spettacolo “Don Chisciotte”, liberamente ispirato all’opera dello scrittore spagnolo vissuto tra il 1547 e il 1616, e prodotto da Nuovo Teatro con Fondazione Teatro della Toscana.

Noi lo abbiamo visto al Nuovo di Verona (in cartellone dal 12 al 17 febbraio) nell’ambito della rassegna “Il Grande Teatro “, giunta al sesto appuntamento di stagione.

Nello specifico, per questo Don Chisciotte il sogno è di morire da cavaliere errante, come egli stesso dichiara nello stipulare un patto in tal senso con la Morte in persona, tutta vestita di nero e dotata di falce d’ordinanza. In realtà, questa versione è un inno alla vita e alla libertà, intese come sublimi frutti dell’incoercibile potere creatore del pensiero e della volontà, agite in una sorta di lucida e feconda “follia”.

Lo spettacolo è tutt’altro che serioso — pur veicolando messaggi fondamentali per il vivere umano — innervato com’è di ironia e di humour. E’ inoltre un immaginifico omaggio al teatro, quale dominio, appunto, del sogno, della creatività e della libertà per eccellenza. Dell’originario spirito del romanzo di Cervantes, che smitizza un mondo cavalleresco ormai superato, resta l’ambientazione populista nei costumi di Francesco Esposito e nelle scene “povere” di Massimo Troncanetti. Scene, del resto, limitate a qualche velario e siparietto per lasciare il principale ruolo visivo a un fantasioso apparato scenotecnico, di sapore domestico e artigianale, autoironicamente svelato nei suoi trucchi e marchingegni senza tuttavia rinunciare alla valenza onirica e fiabesca dell’invenzione. Don Chisciotte3_© Gianmarco Chieregato_0924a_light

Fondamentale l’apporto, in tal senso, delle luci di Davide Scognamiglio, oscillanti tra il surreale e il metafisico in funzione antinaturalistica, oltre che per la scansione spazio temporale; nonché delle musiche di atmosfera di Francesco Forni.

In tale rutilante contesto per gli occhi, la regia opta per movimenti di scena ordinati, talora statici, indulgendo spesso al gusto dell’inquadratura di tipo fotografico. Una citazione, tra i molti “oggetti”, va al più che umano Ronzinante di pezza (mosso da un ottimo “servo di scena” di cui si intravedono in parte le gambe) il quale si fa a pieno titolo coprotagonista con gli assolutamente perfetti Alessio Boni, filiforme Don Chisciotte, e Serra Yilmaz, rotondo Sancho Panza en travesti ed emanante simpatia in fisicità e voce dagli esotici accenti.

Appropriati anche tutti gli altri: Marcello Prayer, Francesco Meoni, Pietro Faiella, Liliana Massari, Elena Nico.

Applausi scroscianti, meritatissimi, per tutti.

Franca Barbuggiani

Visto il 12 febbraio

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