La Casa delle Storie accoglie Cuori di Terra.
A 25 anni dal debutto, è ancora viva l’urgenza di parlare di libertà attraverso la storia dei Fratelli Cervi.
Da pochi mesi il Teatro dell’Orsa, una tra le realtà più vive e radicate del territorio emiliano, ha aperto il suo spazio a Reggio Emilia. La Casa delle Storie è un luogo accogliente, a poche centinaia di metri dal centro storico, immerso in un quartiere tuttora popolare eppure tranquillo, dove si respira l’aria delle vicine campagne e insieme il fermento laborioso delle antiche botteghe che sopravvivono all’omologazione da supermarket e vendite online.
In questo spazio, ristrutturato grazie a una campagna di crowdfunding (che ha dimostrato l’attaccamento della cittadinanza al Teatro dell’Orsa e al suo modo di esserci, come realtà calata nel presente, che riflette e scarnifica, legge e racconta), si respira il profumo del legno, dei colori, della fantasia in libertà, delle parole.
Qui Monica Morini e Bernardino Bonzani rimettono in scena Cuori di Terra, vincitore nel 2003 del Premio Scenario Ustica, spettacolo fondante della Compagnia e, soprattutto, della sua poetica, proprio a ridosso del 25 Aprile – quella Festa della Liberazione dal nazi-fascismo e dalla dittatura, ma anche all’origine della Carta costituzionale di un’Italia dimentica delle proprie radici, e che oggi alcuni politici (che quella Costituzione – e quello Stato – dovrebbero servire e rappresentare) si permettono di denigrare.
Cuori di Terra ha il sapore delle storie narrate intorno al camino, delle favole che i nonni raccontavano accanto al letto o imboccando i bambini a colazione. Le storie di campagna, degli antichi mestieri, di signori senza signoria ma che credevano ancora di governare i propri vassalli, di piccoli e grandi soprusi, di guerra e di fame, ma anche di coraggio e forza di volontà, di sogni d’amore senza happy ending – e soprattutto di dignità, rispetto, etica del lavoro, voglia di libertà. Narra con i mezzi propri di un teatro insieme povero (nel senso di essenziale e privo di orpelli) e antico – e, come ai tempi del Bardo, una tinozza piena di terra si estende come un campo di fronte ai nostri occhi di spettatori, mentre bastano tre piantine per immaginarsi un podere. Il piccolo universo della corte della famiglia Cervi è racchiuso in un gheriglio di noce, tra cassette di legno che si trasformano in trattore, cucina, stalla o pulpito. Perché occorre poco a chi sa narrare, evocando mondi che parrebbero lontani eppure sono solo dietro l’angolo del tempo.
Il Teatro dell’Orsa recupera i ricordi e il ritratto di una famiglia rivoluzionaria anche nelle sue scelte di lavoro, che rifiuta la mezzadria per andare in affitto e rivendicare la propria indipendenza dal padrone, che suona le campane anche quando nasce una femmina, e legge di semi e api ma pure della Monaca di Monza. La cultura, il desiderio di sapere e di migliorarsi, l’accoglienza, il senso della giustizia, il pacifismo: i valori dei Cervi non sono mai stati così attuali, il loro impegno così condivisibile – anzi, necessario.
Nella piccola platea, a compartecipare il rito laico del teatro, fa piacere vedere bambini e adolescenti, italiani e migranti. Perché tutti condividiamo la Liberazione, che sia quella dal nazi-fascismo, dal colonialismo, dalle bombe intelligenti o dalla paura, dall’ignoranza, da un mondo che, sebbene connesso tecnologicamente, è sempre più distante a livello umano.
Visto alla Casa delle Storie di Reggio Emilia, mercoledì 24 aprile 2019
Simona M. Frigerio