Un buon allestimento quello della Traviata , melodramma in tre atti di Giuseppe Verdi e libretto di Francesco Maria Piave, con la regia e le scene di Franco Zeffirelli, coadiuvato dal regista collaboratore Massimo Lucani e dallo scenografo collaboratore Carlo Centolavigna, in scena all’ Arena di Verona, una regia che scenograficamente paga un po’ la costrizione in interni in doppio piano verticale, piuttosto che sfruttare appieno tutto lo spazio scenico.
Vero è che in questo caso il dramma si svolge sempre tra pareti domestiche, anche quando si parla di feste lussuose da palazzo e forse il piano superiore della camera di Violetta, non necessario per l’azione scenica in sé e usato poco, ha più effetto suggestivo, rimarcando l’esistenza di uno spazio privato che rimanda all’importanza dell’introspezione psicologica nella trama.
Almeno tre i momenti degni di nota nello svolgimento: quello inziale del funerale di Violetta, sulle prime note dell’opera e anticipatore del finale del dramma, un funerale meditato, elegante nel tratto e parco nel seguito, con i pochi amici/affetti rimasti, una scena aggiunta, di sottolineatura psicologica; il meraviglioso cambio scena nel secondo atto, rapido e ricco di colori, atto a stupire lo spettatore per l’improvvisa vitalità caleidoscopica; l’irrompere delle maschere del Carnevale nell’intimità della casa di Violetta morente, immagine simbolica che accosta la vita alla morte.
Tre momenti a firmare una regia di taglio intimista, attenta come sempre a cogliere le atmosfere e in questo caso anche lo spessore interiore della protagonista.
Ottima la sinergia con le luci di Paolo Mazzon, i ricchi costumi di Maurizio Millenotti e la coreografia curata e d’impatto di Giuseppe Picone, con la brava prima ballerina Petra Conti, coordinatore del ballo Gaetano Petrosino.
Buono anche il cast, senza particolari eccellenze.
Irina Lungu nei panni di Violetta, pur professionalmente preparata e abile nel registro acuto e ben calata nella parte non ci è parsa forse sempre del tutto adatta come qualità vocale al ruolo, Pavel Petrov in Alfredo Germont non riusciva ad andare oltre la buona esecuzione, al contrario di un incisivo Simone Piazzola nelle vesti di Giorgio Germont.
Completavano il cast: Clarissa Leonardi (Flora Bervoix), Daniela Mazzucato (Annina), Carlo Bosi (Gastone di Letorières), Gianfranco Montresor (Barone Douphol), Daniel Giulianini (Marchese d’Obigny), Romano Dal Zovo (Dottor Grenvil), Max Renè Cosotti (Giuseppe), Stefano Rinaldi Miliani (domestico/commissionario).
Ottimo l’apporto del coro, Maestro del Coro Vito Lombardi.
Non del tutto convincente la direzione d’orchestra di Andrea Battistoni, che ci è parsa non andare nella stessa direzione di regia.
Applausi e apprezzamenti da parte del pubblico.
Emanuela Dal Pozzo
Vista il 19 luglio 2019.