Una sorpresa piacevole ed inaspettata è stata il il trovarci di fronte a questo, certo singolare, allestimento de “L’elisir d’amore” di G. Donizetti, non tanto per mancanza di fiducia nel virtuoso Festival Vicenza in lirica quanto per la consapevolezza che molto, troppo spesso, quando si parla di giovani artisti e cantanti, l’occasione è ghiotta per allestire spettacoli che, unendo intento filantropico e mal celato opportunismo, a volte portano beneficio solo ad una piccola parte dell’organizzazione, non sempre dominata da freschi virgulti.
L’insidioso spartito veniva in questo caso eseguito ( in palcoscenico come in buca) da giovanissimi artisti che univano all’entusiasmo insito nella loro età una preparazione seria e professionalmente impostata, sorretta inoltre da un’organizzazione giovane e partecipe: una vera boccata d’aria fresca.
L’idea del Festival partiva infatti proprio dalla volontà di creare una vivace sinergia sul territorio tra realtà che, con lo scopo di omaggiare il grande direttore d’orchestra Tullio Serafin (nato a Rottanova di Cavarzere) attraverso l’esecuzione della prima opera da lui diretta nel lontano 1898, si riunissero potenziandosi.
Nasceva così la collaborazione con il Liceo Corradini di Thiene (Orchestra Crescere in Musica) e con il Laboratorio corale dell’Istituto Musicale Veneto. A questa si aggiungeva la scelta del cast attraverso la selezione di alcuni giovanissimi vincitori del Concorso Lirico internazionale Tullio Serafin e di altri cantanti provenienti da importanti accademie musicali nazionali.
Tutto ciò portava così alla produzione di una pièce che, dopo il suo più che felice debutto al Teatro Olimpico di Vicenza, verrà replicata il 19 e 20 di ottobre presso il Teatro Comunale di Thiene.
Una collaborazione voluta e portata avanti con entusiasmo dalla Direzione artistica che ha dimostrato, a chiare lettere, come si possa fare buona musica attraverso il talento delle nuove generazioni, quando inserite in un contesto amico e permeabile e grazie alla cooperazione con altrettante virtuose realtà artistiche.
L’arduo compito di amalgamare teatralmente questa produzione, che vedeva impegnati in buca e palcoscenico giovanissimi musicisti, spettava al regista Piergiorgio Piccoli.
Lontano dall’impostare con rigidezze accademiche uno spazio che le rifiuta ed un cast che ne sarebbe rimasto forse fatalmente imbrigliato, Piccoli si muoveva con misura, evidenziando le caratteristiche dei giovani cantanti, potenziandone, quando presenti, le spontanee capacità istrioniche e teatrali. Con silenziosa cura egli disponeva coro ed artisti nello spazio, facendo nascere e crescere l’azione scenica dalla naturalezza dei gesti ed assecondando il contagioso entusiasmo dei ragazzi, che trapelava da palcoscenico e buca in maniera straordinariamente empatica.
Così la nostra tradizione popolare si mescola in quel villaggio immaginato da Donizetti e Romani, filtrato dalla sensibilità tutta parigina di Scribe, facendoci forse riconoscere nei personaggi quelli dei racconti delle nostre nonne; così Adina può trasformarsi in Cenerentola e Dulcamara nel sornione Gatto con gli stivali.
Ottima la resa generale del cast impegnato in palcoscenico che ha dimostrato nel suo insieme serietà, studio e misurata attenzione musicale.
Il soprano Tsisana Giorgadze, impegnata nel ruolo di Adina, esibiva una vocalità forse ancora acerba nel timbro ma precisa nella tecnica, delineando un personaggio di fanciulla, tanto fuori dagli schemi e disinvolto quanto prigioniero dei sentimenti che spesso sorgono impetuosi ed imprevisti, specie nei giovani cuori.
Giovanni Tiralongo impostava un Belcore scenicamente convincente e la Giannetta di Silvia Caliò evidenziava un timbro interessante ed una corretta musicalità.
Invadente e spaccone il furbesco Dulcamara impersonato da Giovanni Romeo che ha saputo ben tratteggiare vocalmente questo carattere, così contemporaneo e guascone.
Due parole in più merita la prova del tenore Paolo Antonio Nevi quale Nemorino. Qualità principale dell’artista, oltre alla vocalità, in parte ancora acerba ma di sicuro sviluppo ed interesse per quanto riguarda timbrica ed estensione, è la profondità espressiva, non tanto legata alla scena quanto all’approccio con la parola e con il fraseggio. Dal suo primo ingresso è a tutti noi chiarissimo quali caratteristiche abbia il personaggio di Nemorino, racchiuso in quella miscela di semplicità ed eleganza che sfocia nel lirismo del Primo Ottocento e che lo rende uno tra i personaggi più complessi ed ardui da interpretare compiutamente. Caratteristiche non comuni quelle del giovane tenore che, unite ad una musicalità attenta, lo hanno portato ad entusiasmare il pubblico dell’Olimpico; se continuerà a studiare con questa costanza sentiremo ben presto parlare di lui.
Alla guida dell’attenta Orchestra Crescere in musica, formata quasi esclusivamente da adolescenti, l’altrettanto giovane M. Sergio Gasparella mostrava decisione e grande sensibilità espressiva, oltre ad un gesto che amalgamava con cura buca e palcoscenico.
Insomma, un quadro positivo per il nostro futuro teatrale e musicale che, grazie anche ad iniziative come questa, mette in evidenza talenti che, oggi come un tempo, continuano ad esistere ma troppo spesso risultano inascoltati.
Vicenza,13/09/2019
Silvia Campana