In scena al Teatro Filarmonico di Verona, in date alterne tra il 31 ottobre e il 7 novembre 2021, il dramma giocoso in due atti su libretto di Lorenzo Da Ponte “ Così fan tutte”, di Wolfang Amadeus Mozart, per la regia di Yamal das Irmich, con una rilettura che contestualizza l’opera negli anni ’50 “ove il contesto borghese trova la sua per me ideale collocazione”, afferma il regista nelle note di regia.
Il problema è che collocare quest’opera in qualsiasi contesto storico preciso, con l’onere conseguente di delinearne i tratti realistici, può significare distorcere l’intero senso dell’opera poiché – noi concordiamo con le note di Sergio Sablich:” l’opera è un vero dramma d’invenzione, una commedia di caratteri con spunti farseschi…..con tratti di universalità fuori da ogni spazio e da ogni tempo.”
C’è da aggiungere che, pensando ad una reinterpretazione in chiave contemporanea, diventa difficile oggi pensare che l’assunto di infedeltà femminile, insita nell’Opera, sia una tesi dimostrabile con equazioni matematico filosofiche, attraverso un approccio veristico della trama. Al contrario la trama stessa è “sequela di situazioni improbabili e prive di legame logico”, come lo stesso Yamal das Irmich dichiara.
La delimitazione di questo contesto sociale specifico in bianco e nero, per rafforzare in tono serioso i contenuti veicolati dall’opera, ha portato a scelte e soluzioni sceniche che hanno sacrificato quell’invenzione, quella fantasia, e quel colore cui il gioco di per sé avrebbe potuto ispirare, per appiattire da subito tutto in un grigio amorfo, dal quale l’opera non è mai riuscita a risollevarsi, nonostante qualche cambio di colore nelle scene nell’avvicendarsi degli eventi, né ha aiutato, nella godibilità dell’opera, la scelta, per quanto motivata, dichiarata del regista di un’armonia musicalmente errata delle tessiture vocali nel primo atto e l’abbondanza di recitativi incolori.
Se pertinenti alle scelte di regia sono parsi i costumi di Silvia Bonetti, e i siparietti mobili di Angelo Finamore hanno avuto il pregio di garantire la velocità nel cambio, gli oggetti di scena non hanno offerto alcuno sprazzo d’inventiva, limitandosi a veicolare i contenuti in modo banale e didascalico, con un’ abbondanza di cuori adolescenziali che solo in un contesto di gioco ( ma non in questo) avrebbero potuto far sorridere.
Apprezzabili invece le luci di Paolo Mazzon, il Coro dell’Arena e le giovani voci promettenti di Enkeleda Kamani (Despina), Vittoria Yeo ( Fiordiligi), Chiara Tirotta (Dorabella), Alessandro Luongo (Guglielmo), Marco Ciaponi (Ferrando,) che si sono ben spese soprattutto nel secondo atto, e quella navigata di Alfonso Antoniozzi ( Don Alfonso), perno anche scenico di questo allestimento.
Non del tutto convincente ci è parsa l’Orchestra della Fondazione Arena di Verona diretta dal Maestro Francesco Ommassini.
Visto domenica 7 novembre
Emanuela Dal Pozzo