di Emanuela Dal Pozzo
Non è frequente assistere oggi a spettacoli di spessore, spettacoli che scaturiscono dall’anima, lontani dalle logiche di mercato che sembrano invadere i circuiti teatrali italiani, quelli rigorosamente pianificati e che vedono spesso sempre gli stessi nomi noti circolare e che non sempre rispondono a criteri di rigore e di qualità: la legge di mercato per l’appunto.
Quindi è stata una piacevolissima sorpresa incappare quasi casualmente nello spettacolo teatrale “ Totò e Vice’”, in scena dal 5 al 7 marzo, a San Pietro in Vincoli Zona Teatro di Torino, inserito nella Rassegna Fertili Terreni Teatro- Spazi uniti per il contemporaneo. “Vai,vai, vai”.
Uno spettacolo colto e di profondo spessore, con la capacità di arrivare agli spettatori con semplicità disarmante, tipica della nitidezza della propria poetica ( diventa difficile comunicare quando le idee a monte sono poco chiare), fusione degli alti profili delle diverse professionalità coinvolte, tese alla messa in scena di un testo di grande pregnanza.
E’ infatti in primis lo stupefacente testo di Franco Scaldati a reggere il tutto: un testo in dialetto siciliano, capace, pur mantenendo salde le proprie radici tradizionali e fisico terrene, di esplorare il confine sottile vita/morte, in imprevedibili anfratti di giochi infantili innocenti e riflessioni filosofiche, sull’esistenza e la fine.
E’ attraverso gli occhi e la voce di due clochard, due anime sospese al di fuori del tempo, oltre la marginalità della sofferenza e capaci per questo di guardare alla realtà con sguardo leggero, oltre la pesantezza della quotidianità con i propri rituali , oltre la banalità e l’ovvietà del comune pensiero, che il testo prende pieghe inaspettate, originali, surreali e poetiche.
Le menti innocenti dei due clochard, legati da indissolubile amicizia e da un destino comune, simili a quelle di due bambini ai quali si dispiega il mistero della vita e della morte, esplorano la vita e il mondo con uno stupore che diventa poesia ( “ Come mai quando apro gli occhi vedo una parte del mondo e se li chiudo vedo il mondo intero?)”
Curato e accurato al dettaglio il lavoro d’attore negli alfabeti della voce e del corpo dei due bravissimi attori Rosario Palazzolo e Anton Giulio Pandolfo, che attimo per attimo prendono la scena trasformandola, rendendola con i propri corpi scenografia, complice il delicato lavoro di luci ( Gabriele Gugliara) e la regia acuta e puntuale di Giuseppe Cutino, capace intelligentemente di sfrondare, per arrivare all’essenziale.
Non meno pregnanti le voci di Egle Mazzamuto e Sabrina Petyx, che accompagnano con il canto e la voce tutto lo spettacolo, vegliandolo quali muse protettrici, madri silenti di orfani dimenticati dal mondo e le suggestive musiche di fisarmonica e chitarra, sempre in scena, dei musicisti dal vivo Maurizio Curcio e Pierpaolo Petta.
Lo spettacolo è un progetto Associazione Energie Alter-native, Palermo, produzione esecutiva ACTI Teatri Indipendenti AMA Factory, con il sostegno di Babel/Spazio Franco,Palermo- Compagnia dell’Arca.
Numerosi minuti di applausi.
Assolutamente da vedere.
Visto il 5 marzo 2022