IL GIGANTE SOFFIASOGNI ALL’ASTRA DI VICENZA. RECENSIONE.

Teatro gremito da grandi e piccini alla replica delle 15 di domenica 23 novembre 2014 al Teatro Astra di Vicenza per il nuovo allestimento di La Piccionaia “ Il Gigante Soffiasogni”, ispirato a “ Il GGG” di Rohald Dahl, anche se ci è parso sia stato accolto con benevolo plauso piuttosto che con convinto entusiasmo, con lo stesso stato d’animo, presuppongo, con cui l’ho accolto io, rintracciando certamente pregi, ma non tali da ammorbidirne i vistosi limiti di un contenuto superficiale e poco pregnante, più utile ad una presa immediata che ad un’interiorizzazione più proficua.

La storia si snoda tra visioni notturne di giganti buoni e mangiabambini, con immagini ad effetto proiettate a tutto schermo sul palcoscenico e che stilisticamente ci sono parse in continuità con la bella precedente messa in scena “L’apprendista stregone”, in cui gli elementi imprevedibili e magici acquistavano forma grazie ai nuovi linguaggi digitali, creando interessanti interferenze tra realtà e fantasia.

Nota positiva quindi il linguaggio utilizzato, che aldilà della coerenza poetica di regia di Carlo Presotto, valente interprete insieme agli altri due attori Matteo Balbo e Giorgia Antonelli ( altra nota positiva), ha dimostrato una presa efficace sul pubblico, sottolineata anche dal fantasioso linguaggio multietnico del gigante buono Carlo Presotto.

Peccato che la trama però non fosse sostanziata da “ robustezza” di contenuti.

Sembra strano che il tema del sogno, in apertura dello spettacolo, un tema ricchissimo di potenziali strade, così come i personaggi coinvolti, non abbiano suggerito approfondimenti e direzioni di lavoro più interessanti dell’unica e solita banale lotta contro il gigante cattivo, che ha avuto l’unico merito di fare interagire i bambini in sala con un lancio al mostro di oggetti pilotato dagli attori, ancor più strano se si pensa, come cita la presentazione dello spettacolo, che il progetto è nato da un percorso laboratoriale nelle scuole.

Insomma si sa che i mostri fanno paura e chiunque vorrebbe distruggerli, ma se non si trova il modo di far levitare lo spettacolo con pieghe più interessanti, approfondendone le tematiche e con un’articolazione più coinvolgente, si finisce per cadere nella più ovvia banalità, seppur condita da sottolineature sceniche, suscitando alla fine una sensazione complessiva di “molto fumo e niente arrosto”.

E’ un problema, quello degli spettacoli per bambini, che abbiamo già affrontato.

Anche il teatro ragazzi non si discosta, nelle sue motivazioni d’essere, da quello degli adulti: può essere prezioso momento di riflessione che ci è utile nel nostro vivere quotidiano o puro luogo e spazio di intrattenimento, più o meno piacevole a seconda degli espedienti utilizzati o del linguaggio estetico scelto. Né si possono incolpare le risorse economiche perchè l’esperienza insegna che possiamo avere spettacoli ad alto costo, ricchi di effetti speciali e di nuova tecnologia, ma senza costrutto, come spettacoli poveri, essenziali ma emozionali e pregni di significato.

Il problema, a mio avviso, sta nella domanda: a cosa serve il teatro? A chi serve il teatro?

Emanuela Dal Pozzo

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