Un insieme di considerazioni mi si affollano nella mente pensando alla passata Stagione . Titoli interessanti gestiti con buoni cast ( penso soprattutto al “Don Giovanni” divenuto quasi areniano nella lettura di Stefano Montanari piuttosto che al sempre divertente, ironico e fantasioso “Barbiere di Siviglia” con la regia di Hugo de Ana ) e a tante altre piccole cose che nel complesso hanno funzionato in questa felice ( meteorologicamente parlando) estate areniana . Quello che peró lascia l’amaro in bocca e sembra non cambiare è l’atteggiamento di fondo con il quale si presenta l’arena, sempre più circo all ‘aperto è sempre meno teatro di tradizione . Il Festival areniano ha negli anni acquisito un nuovo pubblico del quale ha contribuito a cambiare il gusto perdendo gradatamente l’autentico appassionato ( che non per forza deve aver superato i 70 anni ) disposto per seguire la sua passione a viaggi e sacrifici e che sdegnando Verona si sta dirigendo altrove , in luoghi , italiani e non, dove l’atmosfera che si respira è più artistica che commerciale . Le cause sono molte ma certo ‘ in primis ‘ i prezzi di alcuni settori della cavea che costringevano in certe serate l’occhio ad uno spettacolo desolante . La realtà é che la stra-celebrata magia dell’anfiteatro ( reale e tangibilissima di fatto) sta gradatamente svanendo annebbiata dai complici lustrini e dal lusso di un falso teatro che vive e gioca di apparenza così come in buona parte la nostra televisione . Perdendo la sua principale ragion d’essere più profonda e cioè quella di un legame dettato da profonda passione e magnetico pathos tra pubblico e palcoscenico questo , pur arricchito da qualsiasi orpello risulta vuoto di contenuti e di conseguenza non provoca passione autentica nel pubblico che vi assiste che non vi trova altro che un mastodontico ma spesso vuoto evento . Il teatro è altro e lo è sempre stato per quell’insieme di emozioni uniche e irripetibili che ogni sera cambiano e coinvolgono il pubblico , emozioni che dovrebbero parlare soprattutto,se non esclusivamente, all’animo ed ancor più in un ‘epoca che perennemente riempie occhi e orecchi di qualsiasi cosa esaurendo ogni desiderio . Fin quando non si riporterà l’arena ad un dialogo emozionale ed autentico con il suo pubblico e con la città e la si continuerà a proporre come una ‘Expo della musica’ nulla cambierà e tutto resterà stagnante e la stasi in teatro è morte , ma forse si vuole proprio quello .
Silvia Campana