Gianfranco Maraniello, nuovo direttore del Mart di Rovereto dal 1 giugno 2015, dichiara le proprie intenzioni per il Museo del Mart: una piattaforma per l’arte moderna e contemporanea, capace di abbracciare il territorio con “iniziative sistemiche” e “pensando in rete”, rispecchiando i diversi ambiti di ricerca e le ampie vocazioni del Mart in un’ottica di respiro internazionale e con punti di vista complementari.
Ci sta pensando il comitato scientifico nominato: Francesco Casetti (Yale University, U.S.A.) Bice Curiger (Fondazione Vincent Van Gogh, Arles), Joao Fernandes (Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia, Madrid), Severino Salvemini (Università Bocconi, Milano) e Carlo Sisi (Museo Marino Marini, Firenze), che si occupa non solo dell’esposizione delle Collezioni, delle mostre temporanee e della continuità di un progetto riconoscibile ma anche di come valorizzare il particolare progetto architettonico originale che rende unica la struttura museale del Mart.
Dal 5 dicembre 2015 la mostra “Le collezioni”, un attraversamento di due secoli di storia dell’arte, occuperà stabilmente due delle quattro gallerie del Museo: “L’invenzione del moderno” al primo piano e “L’irruzione del contemporaneo” al secondo.
Le mostre si svolgono in ampie sale illuminate e accoglienti, affacciate l’una sull’altra come slarghi e nicchie che sorprendono il visitatore senza mai rinchiuderlo, sensazione ancor più dilatata nella sezione “L’irruzione del contemporaneo” le cui opere richiedono spesso punti di osservazione lontani, o in quella dedicata alle opere di grande dimensione di Devalle, fino a quella temporanea di “Masbedo. Sinfonia di un’esecuzione”, nonostante lo spazio buio necessario per le proiezioni su ampi schermi.
E’ un piacere notare la presenza di famiglie intere, strappate una tantum ai vari centri commerciali e ipermercati, grazie alla gratuità della prima domenica del mese e poco importa se la presenza di bambini anche molto piccoli crea qualche momento di disturbo.
La prima sezione, “L’invenzione del moderno”, ripercorre la prima metà del XX secolo.
Vi troviamo la contrapposizione e rottura all’arte precedente tipica delle avanguardie del primo Novecento come il Futurismo, con il manifesto originale di Marinetti e le sue regole scritte, ampiamente rappresentato da opere di Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Carlo Carrà e del rovetano Fortunato Depero, con i nuovi canoni di bellezza legati al movimento e ad una forma dinamica vista da diverse angolazioni: esemplificativamente allusivo il titolo dell’opera “ Ciò che mi ha detto il tram” di Carlo Carrà, che ci propone un’immagine talmente ricca di sollecitazioni da diventare di difficile leggibilità ( “un oggetto diventa la sintesi di ciò che è e che sarà”).
Ne’ mancano contributi che guardano alla bellezza statuaria classica, tensione strettamente allacciata, come quella precedente, al clima socio politico dell’eopoca, con i relativi ideali di forza e perfezione e le aspirazioni di guerra, che sfociano però anche Una in una seconda corrente di dimensione più lirica che approfondisce il rapporto con il mito e l’arcaico, avvolgendo i quadri in una dimensione di silenzio atemporale fino alle sintesi metafisiche di Giorgio De Chirico e Savinio: sono le opere di Massimo Campigli, Carlo Carrà, Felice Casorati, Filippo De Pisis, Giorgio Morandi e Mario Sironi.
Una parte interessantissima è quella scultorea che accompagna le opere figurative: dalla” Testa di Mussolini ( profilo continuo)” di Renato Bertelli, rotonda e perfettamente simmetrica e dalla quale se ne può cogliere il profilo da ogni punto di osservazione, alle opere di cera di Medardo Rosso che si diverte a “disfare la materia”, fino alle splendide strutture simboliche e stilizzate di Fausto Melotti come “Clorinda” e “ Contrappunto domestico” o quelle in miniatura raffiguranti bambini fino ai due evocativi teatrini “ Teatrino dell’angoscia” e “Sonno di Wotan” sempre firmati Melotti. Colpisce anche “Donna al sole “di Arturo Martini, immancabile artista e scultore del periodo.
Altrettanto interessante la mostra “L’irruzione del contemporaneo” che offre allo sguardo un consistente spicchio della successiva storia dell’arte, con artisti che hanno lasciato il segno suggestionando le prospettive possibili.
Una è la corrente di pensiero di Lucio Fontana che tende a superare il perimetro del quadro aprendosi al mondo, a tutto ciò che sta al di là, o tagliando e piegando la tela, o dilatandone i confini con punti di osservazione che dal centro spingono verso l’esterno, o inglobando oggetti e frammenti della vita quotidiana ( Salvatore Scarpitta, Jim Dine, Alberto Burri), o con i decollages di Mimmo Rotella, stratificazioni di carta strappata.
Esteticamente pregnanti le ricerche di segni e colori, tese ad amplificare la visione, come “Città”di Tancredi Parmeggiani e “Une mouche se deplace” e la struttura tridimensionale “Cubo 1” di Gastone Novelli, stimolanti sul piano espressivo ma anche intellettuale nell’apertura di nuove frontiere e le opere centrate sull’azione diretta dell’artista e la sua energia emotiva e creativa come “Dal ciclo della natura” di Emilio Vedova.
Una sezione della mostra è legata ad un arte più concettuale che si interroga sul rapporto con lo spazio e l’intreccio con le nuove tecnologie fino all’esplorazione di percorsi individuali che, si rifanno, rinnovandole, alle diverse correnti artistiche del passato.
La mostra temporanea “La coscienza del vero. Capolavori dell’Ottocento da Courbet a Segattini”, aperta fino al 3 aprile 2016, comprende opere figurative ottocentesche tra il 1840 e il 1895. Il tema centrale è il rapporto tra la realtà e la rappresentazione in un momento artistico in cui l’illusione di realtà di un’opera pittorica era sinonimo di pregio dell’opera stessa. Molte, tra i tanti autori presenti, le opere di Gustave Courbet e le nature morte di Giovanni Segantini a dimostrare adesione alla realtà, sull’onda di quel “realismo” tipico del secolo, ma non mancano nemmeno ritratti e autoritratti, nudi e paesaggi.
Al nudo viene dedicata una sezione che svela l’importanza dello studio dal vero con modelli “scorticati” e fasci di muscoli in evidenza, mentre vengono ritratte scene di vita privata di salotti borghesi e dame eleganti, soggetti spesso anche committenti.
La mostra“Devalle (1940-2013), retrospettiva aperta fino al 14 febbraio 2016, contiene le opere di un importante maestro della pittura contemporanea, docente dell’Accademia di Brera di Milano, che seguono un itinerario assolutamente personale tra dipinti, collage, fotomontaggi e grandi opere tridimensionali, con opere figurative di grandissime dimensioni che ritraggono in chiave interpretativa ironica e inquieta nomi noti del mondo politico e dello spettacolo, da Chopin a Marylin Monroe, con associazioni di salti temporali: di forte e significativo impatto il ritratto di Michael Jackson. Interessanti le composizioni scenografiche che in chiave prospettica rendono l’illusione della tridimensionalità.
Chiude il percorso l’allestimento “Masbedo. Sinfonia di un’esecuzione”, anche questa disponibile fino al 14 febbraio 2016, che, prendendo le mosse da riprese di boschi e dall’abbattimento di un abete rosso il cui fusto verrà lavorato per realizzare le casse armoniche di strumenti a corda, video installazione con montaggio di suoni e rumori secondo una partitura a firma del maestro Carlo Boccadoro, ci porta verso un’altra installazione che ci parla di processi di trasformazione degli individui e di masse in esodo: un’ escursione nella realtà in prospettiva d’indagine sociale.
Cita la presentazione: “…. Ciò che emerge è il disegno di un’esperienza immersiva che mostra la sua affiliazione ai linguaggi contemporanei e, insieme, ai grandi impianti sinfonici della storia della musica e dell’arte.”
Vista il 3 gennaio 2016
Emanuela Dal Pozzo