Bene ha fatto il Teatro Carlo Felice di Genova, in tempi in cui si ricerca, da parte di un certo pubblico ‘trasversale’, nello spettacolo lirico non un atto prevalentemente teatrale ma combinato con una sceneggiatura che trovi nella partitura la sua colonna sonora, a riprendere questo bell’allestimento de “La Bohème” prodotto dalla Fondazione Festival Pucciniano che trova nell’equilibrio estetico e nel gusto narrativo la sua caratteristica principale.
La regia di Ettore Scola, perfettamente sinergica alle scene di Luciano Ricceri, ci restituisce una Parigi seduttiva che riporta la mente alle affiches di Toulouse Lautrec e agli scorci teatrali di Degas, certamente poco realistica ma assai vicina a ciò che il pubblico si aspetta di vedere e probabilmente lo stesso Puccini voleva realizzare, ponendo una lussureggiante e distratta “Ville Lumiere” quale stridente e significativo sfondo al dramma.
Giocata con grande misura e sensibilità, l’impostazione è coerente allo sviluppo della storia ed alla narrazione, non tradisce impostazioni furbesche atte ad ingraziarsi il pubblico, tiene ben presente una chiave di lettura tradizionale e fedele allo spirito dell’epoca in cui la partitura venne scritta e realizza un lavoro preciso e rigoroso che combina la fedeltà al libretto con una, non pedissequa, ma sensibile e teatrale interpretazione.
La recita cui ho assistito era affidata al cosiddetto secondo cast che, nella quasi totalità straniero, si è comportato in maniera corretta quanto alterna, complice la giovane età e l’evidente poca maturità artistica, cosa che mi porta ancora una volta a sottolineare quanto i cast, nonostante i noti problemi in cui versano i teatri oggi, dovrebbero essere il più possibile compilati con maggior omogeneità artistica in tutte le recite per rispetto degli artisti stessi, spesso non ancora pronti per palcoscenici così importanti e per il pubblico pagante, che ha diritto ad assistere, sempre e comunque, a spettacoli di buon livello artistico. Detto questo è altrettanto corretto sottolineare che gli artisti nella loro totalità hanno altresì mostrato impegno, professionalità e interessanti doti vocali.
Il ruolo di Rodolfo era affidato al tenore Medet Chotabayev che, nonostante una mancanza assoluta di espressività e cura per un fraseggio ed una partecipazione che in Puccini non può mai essere mancante, si mostrava professionalmente misurato mostrando un timbro dal bel colore e dalla interessante estensione.
Diverso il discorso per il soprano Aigul Niyazova impegnata nel ruolo di Mimì che, dotata di una vocalità davvero interessante per volume e timbrica, potrà presto farsi avanti con sicuro successo a patto che affini ed approfondisca teatralità ed intensità espressiva.
Ottimo e talentuoso il Marcello dalla vocalità piena e robusta quanto ricca di armonici, delineato dal baritono Talgat Mussabayev che mai per un istante ha abbandonato il suo personaggio offrendone un’ interpretazione davvero di tutto rispetto.
Corretti, ma nulla di più, la Musetta di Saltanat Akhmetova, lo Schaunard di Yevgeniy Chainikov e il Colline di Artur Kaipkulov, mentre artista di lusso si confermava Matteo Peirone nei ruoli di Benoit e Alcindoro.
Completavano il cast Giuliano Petouchoff (Parpignol), Alessio Bianchini (Sergente), Loris Purpura (Doganiere) e Maurizio Raffa (un venditore ambulante).
Giuseppe Acquaviva dirigeva con scarsa convinzione l‘Orchestra del Teatro Carlo Felice perdendo alcune volte l’assieme con palcoscenico (II Atto).
Sala non gremita ed applausi da parte del pubblico a tutti gli interpreti ed al Direttore.
Genova, 03/01/2016
SILVIA CAMPANA