“COME VI PIACE” AL TEATRO ROMANO DI VERONA. RECENSIONE.

piace1-2Dopo una tragedia in chiave assolutamente contemporanea, “Giulio Cesare”, la 68ma Estate Teatrale Veronese ha proposto al Teatro Romano di Verona, pure in prima nazionale, una divertente commedia di rara rappresentazione in Italia, “Come vi piace”, una nuova produzione realizzata con il Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale.

Allestita con eleganza leggera e accattivante, per la regia di Leo Muscato, ricca di trovate ammiccanti anche al pubblico dei bambini, ha registrato, in effetti, la insolita presenza, tra le antiche pietre in riva all’Adige, di spettatori giovanissimi e attenti, accanto ai numerosi adulti, che hanno manifestato, gli uni e gli altri ai rispettivi livelli, un notevole indice di gradimento.

La struttura della pièce presenta il tradizionale doppio plot, quello dei duchi fratelli nemici, in lotta per il potere e la supremazia politica, e quello dei fratelli borghesi, rivali per motivi economici. Oltre alle classiche pene d’amore di giovani alla ricerca dei rispettivi “oggetti del desiderio” e della giusta intesa con loro, tra scambi, equivoci, travestimenti, agnizioni, dove anche servitori e buffoni hanno ruoli significativi. Tradizionale, inoltre, la contrapposizione del mondo della corte, sede di intrighi e violenze, e quello della foresta, ambiente ideale e magico, di gusto un po’ pastorale, regno della fantasia, del sogno e della libertà. Nella fattispecie, della libertà politica, oltre che luogo delle verità amorose. piace3-1

Il testo, che ritorna all’Estate Teatrale Veronese dopo oltre un lustro, è stato opportunamente sfoltito e adattato (in alcune parti addirittura reinventato) dalla traduzione dello stesso regista, che ha privilegiato e esaltato le componenti di piacevole intrattenimento più che quelle tragiche, adombrate nell’inizio del dramma.

Con un occhio, inoltre, di riguardo per i temi dell’ambiente e del mondo animale, cogliendo una sorta di sensibilità ecologista e animalista ante litteram, quale traspare dalle parole filosofeggianti del “malinconico” Jaques (suo anche il monologo “Tutto il mondo è un palcoscenico”) interpretate da un bravo (anche nel canto e quale strumentista) Michele di Mauro.

Foresta per foresta, se in quella del “Sogno di una notte di mezza estate” a tirare le fila della storia è il magico Puck, in questa, di Arden, è la insicura e puntigliosa innamorata Rosalinda, affiancata dalla affezionata cugina Celia; rispettivamente, la multiforme Beatrice Vecchione, e la arguta Silvia Giulia Mendola.

Ma il punto di forza dello spettacolo — pur avvalendosi di una squadra di attori validi e affiatati, che ravvivano al meglio un testo intrinsecamente gracile e datato — più che nella parola detta sta nella componente visiva e sonora, e nella ben ritmata e orchestrata regia: nelle luci multicolori e oniriche di Alessandro Verrazzi; nelle musiche originali di Dario Buccino, che anche le esegue dal vivo alla chitarra, con discrezione in un angolo in penombra; nei vivaci e fantasiosi costumi di Vera Pierantoni Giua, dal sapore un po’ naïf e un po’ hippy, dove spiccano quelli delle antropomorfe pecorine che cantano e ballano; nella cornice scenica di Federica Parolini, perentoriamente delimitata — quasi una sorta di hortus conclusus — da aeree pareti vibratili. Conferendo a tutto l’insieme un’atmosfera pop e infantilmente fiabesca.

Franca Barbuggiani

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