Con freschezza, colore ed una leggera irriverenza il sardo Maurizio Giordo ha affascinato il pubblico, peccato non numeroso, nella sede teatrale di Murmure Teatro di Verona, il 1 marzo 2013.
La parlantina sciolta, accattivante, spontanea, simpatica, accompagnate da una gestualità estroversa eppur si indovina studiata nel dettaglio, capace di fermare l’attenzione sui particolari, di creare figure e situazioni, di “vedere” le parole narrate, hanno fatto dello spettacolo “ Com’è nato il giullare?”,un piccolo gioiello d’interpretazione e di comunicazione, condita da elementi di giocoleria e suoni e rumori di strumenti originali e tipici.
La giullarata, in portotorrese e italiano, liberamente ispirata a “Nascita del giullare” di Dario Fo, ideata e interpretata dall’attore, racconta la storia di un giullare, ex contadino costretto dai potenti ad abbandonare la propria terra e ridotto in rovina, ma salvato in extremis da Dio per potere andare tra la gente a raccontare la sua storia di sorprusi e ingiustizie ed offrire amore e solidarietà.
L’attore nello spettacolo, assecondando lo spirito giullaresco “di strada” ha interagito anche con il pubblico invitandolo a giocare con lui, riuscendo benissimo nell’intento, anche se, data l’intensità e la bravura di Giordo avremmo preferito farci trasportare nelle sue atmosfere intriganti piuttosto che interrompere quella sua concentrazione.
A fine spettacolo ne è scaturita un’interessante conversazione sul perchè della necessità di rompere la barriera palco/spettatori che ha posto diversi quesiti: “E’ utile far salire il pubblico sul palcoscenico per abbattere la famosa quarta parete? Il rapporto che si crea in questo caso tra attori e spettatori è impari o paritario? Qual’è il modo più “democratico” per gestire queste situazioni?”
Una conversazione così ricca di spunti di riflessione e di tematiche, di esempi e di citazioni, da non potersi esaurire e rimandata a successivi approfondimenti.
Chiedo a Maurizio:
–Come e perchè una giullarata del 1200 nel 2013?
Perchè è la storia simbolo di un uomo ( un contadino) che racconta di come ci si possa riscattare da tutti i sorprusi subiti. Nello spettacolo questo succede grazie all’intervento di Gesù (equivalente di Allah,Budda, un padre, un fratello, uno sconosciuto che con una frase, un gesto, anche a propria insaputa, possa salvare una vita)che lo esorta con un bacio a raccontare la sua storia. E’ il miracolo della condivisione che passa attraverso il bacio.
Ecco, credo che nella nostra epoca, dove pare non ci sia più tempo per i rapporti diretti e profondi, e la paura e la diffidenza sembrano prendere il sopravvento sfociando spesso in depressione, solitudine e suicidio, il messaggio dello spettacolo possa indurre alla riflessione in un tentativo di capire come è cambiato il nostro mondo e come possiamo reinventare un diverso modo di stare con gli altri.
Perchè la scelta di questo linguaggio?
Ho fatto una ricerca linguistica sul dialetto portorrese, recuperando vecchi modi di dire, parole in disuso, ma soprattutto utilizzando il dialetto come phonè dunque intrecciando l’asprezza e la ritmicità della “lingua dei sentimenti”,alla ricerca dell’armonia e del contrasto,con la più morbida vocalità della lingua italiana. Naturalmente il testo è supportato dall’espressività corporea e dallo studio di una gestualità significativa, dall’utilizzo di strumenti musicali suonati dal vivo con i quali coinvolgo il pubblico e da elementi di giocoleria, di improvvisazione teatrale e di un design luci coinvolgente.
Ho visto che ti sei preoccupato di rendere anche in italiano molte delle espressioni che hai usato.
E’ vero.Ciò dipende ovviamente anche dal tipo di pubblico. Ci sono situazioni in cui mi accorgo che il pubblico ha bisogno di questo altrimenti lo perdo e questa della comprensione è una mia preoccupazione, forse stasera eccessiva, perchè ho trovato un pubblico estremamente attento anche ai minimi fruscii.
Come hai cominciato la tua carriera d’attore?
E’ stata una cosa che ho capito prestissimo quella di volere fare l’attore, anche perchè dove vivevo , a Portotorres non c’era nulla, nemmeno un cinema e io ero vitale fin da bambino, suonavo, ero curioso… Appena ho avuto l’opportunità di accostarmi quasi casualmente al teatro ho capito che avrei voluto fare quello, solo quello.
Porti in giro altri spettacoli?
Si, diversi: “Lulù e le sue valigie magiche”, “I viaggi d’oggi”, “Il filo rosso” “In-pasto in-scena” di cui sono autore, attore e regista.
Maurizio Giordo, attore teatrale e musicista, vanta un nutrito curriculum con approfondimenti di studio teatrale, musicale, di mimo e circense. Oltre che in sardegna e in Italia si è esibito in Belgio, Danimarca, Svezia, Tunisia, Francia, Montenegro, Serbia.